Ancora sull'angolo di campo: curiosità.
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Ancora sull'angolo di campo: curiosità.
Vi propongo alcune considerazioni.
In questo weekend, invece di fotografare, per pura curiosità mi sono ricavato dei grafici che evidenziano le differenze di angolo di campo inquadrato che si hanno passando dal formato pellicola (24x36 mm) al formato del sensore della M8 (18x27 mm). Stabilito che non cambiano la resa prospettica e la profondità di campo dello stesso obiettivo montato su diversi supporti, la differenza si riscontra solo nel campo inquadrato.
Trovo quindi che parlare di “lunghezza focale equivalente” sia ingannevole, anche se ormai tutti usano questa epressione.
Per semplicità mi sono limitato a considerare l’angolo sul piano orizzontale, che è facilmente calcolabile graficamente e che Leica indica sempre nei dati tecnici degli obiettivi (a proposito, c’è un errore nella brochure del 75 mm apo summicron asph.: dove vengono indicati gli angoli sui piani diagonale, orizzontale e verticale, la sequenza dovrebbe essere 32°, 27°, 18°, e non 32°, 18°, 27°: quisquilie). Solamente a proposito del recente Elmarit 28 però, vengono riportati anche i valori per il formato della M8.
Realizzare degli schemi e tentare di effettuare le misure con squadretta e goniometro sarebbe arduo oltre che impreciso. Ho usato un programma CAD e ho impostato l’arrotondamento delle misure al grado, cioè senza decimali.
Ne risulta la seguente tabella:
Dalla tabella ho ricavato due grafici, per i due formati diversi, che riporto qui sotto assieme ad un esempio della costruzione dell’angolo relativo a un 28 mm sul formato 24x36.
Ottenuta la prima curva (pellicola), la cosa che si nota subito è che… è una curva. Cioè l’andamento non è lineare: questo era naturalmente percepibile già nella pratica fotografica: c’è molta più differenza fra un 21 e un 24 mm di quanta ce ne sia fra un 50 e un ipotetico 53, o addirittura un 65 mm, e questa è data dalla pendenza della curva. Cioè all’aumentare della lunghezza focale dell’obiettivo l’angolo di campo varia sempre meno.
Fin qui nulla di nuovo.
Con la seconda serie di dati (sensore) però, non si ha un semplice abbassamento dei valori, ma anche, e questa è la curiosità, una curva con un andamento diverso: su pellicola ad esempio, fra un 24 e un 50 mm c’è una differenza di 34°, mentre in digitale, fra gli stessi obiettivi, la differenza è solo di 29°. Allo stesso modo, mentre su pellicola la differenza fra un 35 e un 75 mm è di 27°, su sensore questa diventa di 22°.
Subito ho pensato ad un errore indotto dall’assenza dei decimali nelle misurazioni, ma il divario, soprattutto per le corte focali, è troppo grande, si tratta proprio di un diverso andamento delle curve.
Il “fattore di crop” quindi, si dovrebbe usare soltanto parlando di dimensioni di sensori e non a proposito di obiettivi, perché con questi ultimi non è costante, e il fattore 1,33 non c'entra nulla.
Come tradurre nella pratica queste consderazioni? Direi come prima cosa che l’avvento dei sensori ha avuto un impatto meno violento nel mondo reflex, dove è più frequente (e più agevole) l’uso delle focali lunghe, per le quali la differenza si sente meno, e quindi che proprio la Leica M soffre maggiormente di questo cambiamento. Secondariamente dovrei forse rivedere le affermazioni fatte in questo forum all’inizio di settembre, in cui auspicavo che, potendo mantenere un pari standard qualitativo, ridurre le dimensioni dei sensori portava ad una maggior comodità d’uso. Questo è sicuramente vero, ma d'ora in poi terrò conto della "scoperta" di oggi, e cioè che al diminuire delle dimensioni del sensore diminuisce la differenza fra un obiettivo e l’altro o, più correttamente, diminusce la differenza di campo inquadrato.
Nel prendere in considerazione un obiettivo quindi, acquistano maggior rilevanza le caratteristiche di resa prospettica e di profondità di campo, e l’angolo perde leggermente importanza, anche se la distinzione fra focali tra loro vicine, almeno fino al 75 mm, è ovviamente ancora netta.
In questo weekend, invece di fotografare, per pura curiosità mi sono ricavato dei grafici che evidenziano le differenze di angolo di campo inquadrato che si hanno passando dal formato pellicola (24x36 mm) al formato del sensore della M8 (18x27 mm). Stabilito che non cambiano la resa prospettica e la profondità di campo dello stesso obiettivo montato su diversi supporti, la differenza si riscontra solo nel campo inquadrato.
Trovo quindi che parlare di “lunghezza focale equivalente” sia ingannevole, anche se ormai tutti usano questa epressione.
Per semplicità mi sono limitato a considerare l’angolo sul piano orizzontale, che è facilmente calcolabile graficamente e che Leica indica sempre nei dati tecnici degli obiettivi (a proposito, c’è un errore nella brochure del 75 mm apo summicron asph.: dove vengono indicati gli angoli sui piani diagonale, orizzontale e verticale, la sequenza dovrebbe essere 32°, 27°, 18°, e non 32°, 18°, 27°: quisquilie). Solamente a proposito del recente Elmarit 28 però, vengono riportati anche i valori per il formato della M8.
Realizzare degli schemi e tentare di effettuare le misure con squadretta e goniometro sarebbe arduo oltre che impreciso. Ho usato un programma CAD e ho impostato l’arrotondamento delle misure al grado, cioè senza decimali.
Ne risulta la seguente tabella:
Dalla tabella ho ricavato due grafici, per i due formati diversi, che riporto qui sotto assieme ad un esempio della costruzione dell’angolo relativo a un 28 mm sul formato 24x36.
Ottenuta la prima curva (pellicola), la cosa che si nota subito è che… è una curva. Cioè l’andamento non è lineare: questo era naturalmente percepibile già nella pratica fotografica: c’è molta più differenza fra un 21 e un 24 mm di quanta ce ne sia fra un 50 e un ipotetico 53, o addirittura un 65 mm, e questa è data dalla pendenza della curva. Cioè all’aumentare della lunghezza focale dell’obiettivo l’angolo di campo varia sempre meno.
Fin qui nulla di nuovo.
Con la seconda serie di dati (sensore) però, non si ha un semplice abbassamento dei valori, ma anche, e questa è la curiosità, una curva con un andamento diverso: su pellicola ad esempio, fra un 24 e un 50 mm c’è una differenza di 34°, mentre in digitale, fra gli stessi obiettivi, la differenza è solo di 29°. Allo stesso modo, mentre su pellicola la differenza fra un 35 e un 75 mm è di 27°, su sensore questa diventa di 22°.
Subito ho pensato ad un errore indotto dall’assenza dei decimali nelle misurazioni, ma il divario, soprattutto per le corte focali, è troppo grande, si tratta proprio di un diverso andamento delle curve.
Il “fattore di crop” quindi, si dovrebbe usare soltanto parlando di dimensioni di sensori e non a proposito di obiettivi, perché con questi ultimi non è costante, e il fattore 1,33 non c'entra nulla.
Come tradurre nella pratica queste consderazioni? Direi come prima cosa che l’avvento dei sensori ha avuto un impatto meno violento nel mondo reflex, dove è più frequente (e più agevole) l’uso delle focali lunghe, per le quali la differenza si sente meno, e quindi che proprio la Leica M soffre maggiormente di questo cambiamento. Secondariamente dovrei forse rivedere le affermazioni fatte in questo forum all’inizio di settembre, in cui auspicavo che, potendo mantenere un pari standard qualitativo, ridurre le dimensioni dei sensori portava ad una maggior comodità d’uso. Questo è sicuramente vero, ma d'ora in poi terrò conto della "scoperta" di oggi, e cioè che al diminuire delle dimensioni del sensore diminuisce la differenza fra un obiettivo e l’altro o, più correttamente, diminusce la differenza di campo inquadrato.
Nel prendere in considerazione un obiettivo quindi, acquistano maggior rilevanza le caratteristiche di resa prospettica e di profondità di campo, e l’angolo perde leggermente importanza, anche se la distinzione fra focali tra loro vicine, almeno fino al 75 mm, è ovviamente ancora netta.
Spesso quello che cerchi è dentro di te... oppure nel frigo!
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Re: Ancora sull'angolo di campo: curiosità.
mmm... interessante, grazie !
a me pare che, la differenza di angolo inquadrato su pellicola da un 50 e quella di un 35, resta invariata su M8.... se consideriamo focali lunghe (50/1.33) e (35/1.33) eccetera.
Spero sia comprensibile. (anche se pericolosamente vicino all'idea della moltiplicazione della focale!)
danilo
Beh, proprio per la non linearita' della curva, non puoi piu' fare questo tipo di raffronto!Michele Azzali ha scritto: Con la seconda serie di dati (sensore) però, non si ha un semplice abbassamento dei valori, ma anche, e questa è la curiosità, una curva con un andamento diverso: su pellicola ad esempio, fra un 24 e un 50 mm c’è una differenza di 34°, mentre in digitale, fra gli stessi obiettivi, la differenza è solo di 29°. Allo stesso modo, mentre su pellicola la differenza fra un 35 e un 75 mm è di 27°, su sensore questa diventa di 22°.
a me pare che, la differenza di angolo inquadrato su pellicola da un 50 e quella di un 35, resta invariata su M8.... se consideriamo focali lunghe (50/1.33) e (35/1.33) eccetera.
Spero sia comprensibile. (anche se pericolosamente vicino all'idea della moltiplicazione della focale!)
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per chi ama la trigonometria...
per chi ama la trigonometria, gli angoli di campo si calcolano in questo modo:
ang = 2 x arctg( D / (2 x L) )
dove L e' la lunghezza focale e D la misura in base alla quale si vuole calcolare l'angolo (in genere per identificare la copertura si usa la diagonale).
nel caso del formato leica l'angolo orizzontale e'
angLeica = 2 x arctg( 18 / L )
mentre nel caso della M8 e'
angM8 = 2 x arctg( 13.5 / L)
l'arcotangente (arctg, funziona inversa della tangente) non e' una funzione lineare -dal grafico pubblicato si vede benissimo- come non e' lineare l'inverso 1/L che, a meno di un fattore di moltiplicazione, compare come argomento dell'arcotangente. per questo motivo le curve non sono parallele. in effetti, non c'e' nessuna ragione per la quale dovrebbero esserlo. quindi, con formati diversi, a pari differenza di lunghezza focale non corrisponde una pari differenza di angolo di copertura, come ha giustamente notato Michele Azzali.
saluti, marco ciolfi.
ang = 2 x arctg( D / (2 x L) )
dove L e' la lunghezza focale e D la misura in base alla quale si vuole calcolare l'angolo (in genere per identificare la copertura si usa la diagonale).
nel caso del formato leica l'angolo orizzontale e'
angLeica = 2 x arctg( 18 / L )
mentre nel caso della M8 e'
angM8 = 2 x arctg( 13.5 / L)
l'arcotangente (arctg, funziona inversa della tangente) non e' una funzione lineare -dal grafico pubblicato si vede benissimo- come non e' lineare l'inverso 1/L che, a meno di un fattore di moltiplicazione, compare come argomento dell'arcotangente. per questo motivo le curve non sono parallele. in effetti, non c'e' nessuna ragione per la quale dovrebbero esserlo. quindi, con formati diversi, a pari differenza di lunghezza focale non corrisponde una pari differenza di angolo di copertura, come ha giustamente notato Michele Azzali.
saluti, marco ciolfi.
Commento anch’io pubblicamente il post di Michele.
“Stabilito che non cambiano la resa prospettica e la profondità di campo dello stesso obiettivo montato su diversi supporti, la differenza si riscontra solo nel campo inquadrato.”
Posto che – pur intuendolo - non mi è chiaro al 100% il significato di “resa prospettica”, mi limito a ricordare che la prospettiva dipende esclusivamente dalla posizione relativa tra macchina fotografica e soggetto (lascio perdere dettagli qui irrilevanti, ma trattati ad esempio in http://doug.kerr.home.att.net/pumpkin/Pivot_Point.pdf). La prospettiva non dipende dalla lunghezza focale dell’obiettivo o dalle dimensioni del negativo/sensore. Diminuire le dimensioni del sensore (a parità di lunghezza focale dell’obiettivo) significa ritagliare la parte periferica dell’immagine, conservandone la parte centrale con dimensioni immutate. Aumentare la lunghezza focale dell’obiettivo significa ritagliare la parte periferica dell’immagine, ingrandendone corrispondentemente la parte centrale.
Ometto la discussione sulla profondità di campo, già riportata altrove (ad esempio in viewtopic.php?t=770&start=0).
”Con la seconda serie di dati (sensore) però, non si ha un semplice abbassamento dei valori, ...”
La differenza tra gli angoli d’inquadratura, a pari obiettivo, su negativo 24x36 e su sensore 18x27 non è da intendersi in senso strettamente algebrico! Se così fosse, e tale differenza ammontasse ad esempio a 10°, l’angolo di campo su M8 di un obiettivo che su M7 fornisce un angolo di campo di 9° sarebbe negativo (!).
Come è noto, la “differenza” tra angoli di campo M7/M8 – a parità di lunghezza focale dell’ottica - è da intendersi come costanza del rapporto tra le tangenti dei semiangoli di campo (e approssimativamente come costanza del rapporto tra gli angoli di campo, almeno se tali angoli sono modesti). Tale rapporto vale 36/27=4/3=1.33... .
21 mm tan(81°/2)/tan(65°/2)=1.33... (esattamente, con valori angolari più accurati)
24 mm tan(74°/2)/tan(59°/2)=1.33... (esattamente, con valori angolari più accurati)
28 mm tan(65°/2)/tan(51°/2)=1.33... (esattamente, con valori angolari più accurati)
...
90 mm tan(23°/2)/tan(17°/2)=1.33... (esattamente, con valori angolari più accurati; 22.62°/17.06° circa uguale a 1.33)
135 mm tan(15°/2)/tan(11°/2)=1.33... (esattamente, con valori angolari più accurati; 15.19°/11.42° circa uguale a 1.33)
La “differenza” tra “resa prospettica” di due diverse ottiche, a parità di pellicola/sensore, è approssimativamente data dal rapporto tra gli angoli di campo, non dalla differenza algebrica tra questi (analogamente agli “stop”, che indicano un raddoppio/dimezzamento del tempo di esposizione, oppure un raddoppio/dimezzamento dell’area lasciata aperta dal diaframma).
Non è poi detto, in assoluto, che “comandi” l’angolo di campo. Personalmente preferisco seguire il trend comune e ragionare in termini di tangente del semiangolo di campo o, equivalentemente, di lunghezza focale. A parità di dimensioni di negativo/sensore, un set di lunghezze focali a mio parere “equispaziate” è quello che segue una progressione geometrica, del tipo 28 mm, 50 mm, 90 mm (i rapporti tra le due coppie di lunghezze focali adiacenti, 50/28 e 90/50, sono praticamente uguali). Nel passaggio dal 90 mm al 50 mm si moltiplica per 1.8 la lunghezza di orizzonte inquadrato in un ipotetico paesaggio (a parità di posizione della macchina fotografica); la lunghezza di orizzonte viene ulteriormente moltiplicata per 1.8 nel passaggio dal 50 mm al 28 mm. Le menzionate lunghezze focali sono “equispaziate” tanto su M7 quanto su M8.
Le osservazioni quantitative di Michele sono corrette. Opinabile, a mio modestissimo parere, l’interpretazione che ne fornisce.
Ciao.
Carlo
“Stabilito che non cambiano la resa prospettica e la profondità di campo dello stesso obiettivo montato su diversi supporti, la differenza si riscontra solo nel campo inquadrato.”
Posto che – pur intuendolo - non mi è chiaro al 100% il significato di “resa prospettica”, mi limito a ricordare che la prospettiva dipende esclusivamente dalla posizione relativa tra macchina fotografica e soggetto (lascio perdere dettagli qui irrilevanti, ma trattati ad esempio in http://doug.kerr.home.att.net/pumpkin/Pivot_Point.pdf). La prospettiva non dipende dalla lunghezza focale dell’obiettivo o dalle dimensioni del negativo/sensore. Diminuire le dimensioni del sensore (a parità di lunghezza focale dell’obiettivo) significa ritagliare la parte periferica dell’immagine, conservandone la parte centrale con dimensioni immutate. Aumentare la lunghezza focale dell’obiettivo significa ritagliare la parte periferica dell’immagine, ingrandendone corrispondentemente la parte centrale.
Ometto la discussione sulla profondità di campo, già riportata altrove (ad esempio in viewtopic.php?t=770&start=0).
”Con la seconda serie di dati (sensore) però, non si ha un semplice abbassamento dei valori, ...”
La differenza tra gli angoli d’inquadratura, a pari obiettivo, su negativo 24x36 e su sensore 18x27 non è da intendersi in senso strettamente algebrico! Se così fosse, e tale differenza ammontasse ad esempio a 10°, l’angolo di campo su M8 di un obiettivo che su M7 fornisce un angolo di campo di 9° sarebbe negativo (!).
Come è noto, la “differenza” tra angoli di campo M7/M8 – a parità di lunghezza focale dell’ottica - è da intendersi come costanza del rapporto tra le tangenti dei semiangoli di campo (e approssimativamente come costanza del rapporto tra gli angoli di campo, almeno se tali angoli sono modesti). Tale rapporto vale 36/27=4/3=1.33... .
21 mm tan(81°/2)/tan(65°/2)=1.33... (esattamente, con valori angolari più accurati)
24 mm tan(74°/2)/tan(59°/2)=1.33... (esattamente, con valori angolari più accurati)
28 mm tan(65°/2)/tan(51°/2)=1.33... (esattamente, con valori angolari più accurati)
...
90 mm tan(23°/2)/tan(17°/2)=1.33... (esattamente, con valori angolari più accurati; 22.62°/17.06° circa uguale a 1.33)
135 mm tan(15°/2)/tan(11°/2)=1.33... (esattamente, con valori angolari più accurati; 15.19°/11.42° circa uguale a 1.33)
La “differenza” tra “resa prospettica” di due diverse ottiche, a parità di pellicola/sensore, è approssimativamente data dal rapporto tra gli angoli di campo, non dalla differenza algebrica tra questi (analogamente agli “stop”, che indicano un raddoppio/dimezzamento del tempo di esposizione, oppure un raddoppio/dimezzamento dell’area lasciata aperta dal diaframma).
Non è poi detto, in assoluto, che “comandi” l’angolo di campo. Personalmente preferisco seguire il trend comune e ragionare in termini di tangente del semiangolo di campo o, equivalentemente, di lunghezza focale. A parità di dimensioni di negativo/sensore, un set di lunghezze focali a mio parere “equispaziate” è quello che segue una progressione geometrica, del tipo 28 mm, 50 mm, 90 mm (i rapporti tra le due coppie di lunghezze focali adiacenti, 50/28 e 90/50, sono praticamente uguali). Nel passaggio dal 90 mm al 50 mm si moltiplica per 1.8 la lunghezza di orizzonte inquadrato in un ipotetico paesaggio (a parità di posizione della macchina fotografica); la lunghezza di orizzonte viene ulteriormente moltiplicata per 1.8 nel passaggio dal 50 mm al 28 mm. Le menzionate lunghezze focali sono “equispaziate” tanto su M7 quanto su M8.
Le osservazioni quantitative di Michele sono corrette. Opinabile, a mio modestissimo parere, l’interpretazione che ne fornisce.
Ciao.
Carlo
Le disquisizioni matematiche non sempre coincidono con la realtà, che spesso è molto più semplice e lineare delle curve riportate, pur lodevoli.
Per me, nell'uso in digitale, vale quanto da circa 4 anni di digitale ho sperimentato sul campo:
1) molte ottiche, soprattutto quelle economiche, nell'uso su formati ridotti migliorano le prestazioni, anche al centro immagine; ciò è dovuto al fatto che nella gran parte delle fotocamere di formato ridotto (APS) i raggi periferici non raggiungono proprio il sensore, e quindi non contribuiscono al degrado dell'immagine
2) solo le migliori ottiche, in particolare quelle fisse, rendono bene sul digitale full-frame, inutile illudersi, con le reflex ed i grandangoli preferisco i formati ridotti, classico esempio il 12-24 sigma, che sulle APS diventa un 18-35 quasi perfetto
3) all'aumentare della dimensione del sensore migliorano le prestazioni quanto a plasticità e resa dei toni, e questo vale anche passando al medio formato digitale, che ha un rendimento non raggiungibile dai migliori sensori 35 mm full-frame, la gamma tonale è superiore (come del resto avveniva su pellicola)
4) le ottiche mantengono prospettiva e profondità di campo, e cambia solo l'angolo di campo, caso classico le compatte che hanno sempre tutto a fuoco avendo focali che vanno da intorno ai 5-7 mm.
Non ho volutamente accennato alla nitidezza in quanto da 5 MPX in poi i sensori ne hanno anche troppa.
In pratica, qualsiasi digitale da almeno 5 MPX è perfettamente in grado di di reggere il confronto, si tratta solo di saperle usare; ovviamente le differenze ci sono, ma vanno cercate su altri parametri (rumore, ergonomia ecc.).
Per me, nell'uso in digitale, vale quanto da circa 4 anni di digitale ho sperimentato sul campo:
1) molte ottiche, soprattutto quelle economiche, nell'uso su formati ridotti migliorano le prestazioni, anche al centro immagine; ciò è dovuto al fatto che nella gran parte delle fotocamere di formato ridotto (APS) i raggi periferici non raggiungono proprio il sensore, e quindi non contribuiscono al degrado dell'immagine
2) solo le migliori ottiche, in particolare quelle fisse, rendono bene sul digitale full-frame, inutile illudersi, con le reflex ed i grandangoli preferisco i formati ridotti, classico esempio il 12-24 sigma, che sulle APS diventa un 18-35 quasi perfetto
3) all'aumentare della dimensione del sensore migliorano le prestazioni quanto a plasticità e resa dei toni, e questo vale anche passando al medio formato digitale, che ha un rendimento non raggiungibile dai migliori sensori 35 mm full-frame, la gamma tonale è superiore (come del resto avveniva su pellicola)
4) le ottiche mantengono prospettiva e profondità di campo, e cambia solo l'angolo di campo, caso classico le compatte che hanno sempre tutto a fuoco avendo focali che vanno da intorno ai 5-7 mm.
Non ho volutamente accennato alla nitidezza in quanto da 5 MPX in poi i sensori ne hanno anche troppa.
In pratica, qualsiasi digitale da almeno 5 MPX è perfettamente in grado di di reggere il confronto, si tratta solo di saperle usare; ovviamente le differenze ci sono, ma vanno cercate su altri parametri (rumore, ergonomia ecc.).
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Bene, vedo che le mie considerazioni hanno interessato diversi di voi.
Ho evitato di inserire anche delle formule matematiche per non esagerare (il rischio è sempre quello di annoiare). Si tratta in effetti di trigonometria e di triangoli rettangoli (si applica la: tanθ = y / x), anche se io ho proceduto in modo grafico.
Il rapporto, per il 21 mm:
tan(81°/ 2) / tan(65°/ 2) = 1.33
non è altro che: larghezza pellicola / largezza sensore = 1.33. Questo sarà costante sempre, per tutti gli obiettivi (e anche senza obiettivo)!
L’importante è che si capisca che, al diminuire delle dimensioni del sensore, diminuisce la differenza fra un obiettivo e l’altro, cosa che ci ha confermato Pino Caprio citando la pratica.
Carlo, mi risulta oscuro quanto tu dici:
"Se così fosse, e tale differenza ammontasse ad esempio a 10°, l’angolo di campo su M8 di un obiettivo che su M7 fornisce un angolo di campo di 9° sarebbe negativo (!)."
Ma se io applico la formula quest’angolo mi risulta di 7° e la focale dell’obiettivo, di 230 mm (decimale più, decimale meno). L’unico caso in cui la differenza è di 10° è il 50 mm (vedi tabella). Per focali più corte la differenza è maggiore, per focali più lunghe è minore.
Ciao,
Ho evitato di inserire anche delle formule matematiche per non esagerare (il rischio è sempre quello di annoiare). Si tratta in effetti di trigonometria e di triangoli rettangoli (si applica la: tanθ = y / x), anche se io ho proceduto in modo grafico.
Il rapporto, per il 21 mm:
tan(81°/ 2) / tan(65°/ 2) = 1.33
non è altro che: larghezza pellicola / largezza sensore = 1.33. Questo sarà costante sempre, per tutti gli obiettivi (e anche senza obiettivo)!
L’importante è che si capisca che, al diminuire delle dimensioni del sensore, diminuisce la differenza fra un obiettivo e l’altro, cosa che ci ha confermato Pino Caprio citando la pratica.
Carlo, mi risulta oscuro quanto tu dici:
"Se così fosse, e tale differenza ammontasse ad esempio a 10°, l’angolo di campo su M8 di un obiettivo che su M7 fornisce un angolo di campo di 9° sarebbe negativo (!)."
Ma se io applico la formula quest’angolo mi risulta di 7° e la focale dell’obiettivo, di 230 mm (decimale più, decimale meno). L’unico caso in cui la differenza è di 10° è il 50 mm (vedi tabella). Per focali più corte la differenza è maggiore, per focali più lunghe è minore.
Ciao,
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In risposta al secondo post di Michele (Mar Ott 30, 2007 3:43 pm)
La mia frase "Se così fosse, e tale differenza ammontasse ad esempio a 10°, l’angolo di campo su M8 di un obiettivo che su M7 fornisce un angolo di campo di 9° sarebbe negativo (!)." commentava la seguente osservazione del primo post di Michele (Lun Ott 29, 2007 3:41 pm): “Con la seconda serie di dati (sensore) però, non si ha un semplice abbassamento dei valori, ma anche, e questa è la curiosità, una curva con un andamento diverso ...”.
Ho inteso che l’espressione “semplice abbassamento dei valori” si riferisse ad una ipotetica traslazione in direzione verticale, e verso il basso, della curva verde per ottenere la curva rossa. E’ vero, come dice Michele, che il confronto tra le due curve porta ad escludere che l’una si possa ottenere dall’altra a seguito di traslazione in direzione verticale. Il mio commento faceva implicitamente notare che questo risultato non deve stupire. Non è nemmeno necessario tracciare e confrontare le due curve per giungere alla medesima conclusione: se la curva inferiore (sensore M8) fosse ottenibile per abbassamento (traslazione verso il basso di 10° di angolo di campo, nel mio esempio) della curva superiore (negativo), allora una porzione di curva inferiore finirebbe certamente al di sotto dell’asse orizzontale del grafico (angolo di campo negativo), il che è assurdo.
”L’importante è che si capisca che, al diminuire delle dimensioni del sensore, diminuisce la differenza fra un obiettivo e l’altro, cosa che ci ha confermato Pino Caprio citando la pratica.”
Ammetto di non essere d’accordo su questo punto.
Secondo me Pino Caprio è intervenuto tangenzialmente nella discussione, tirando in ballo la differenza che esiste tra pellicola e sensore, anche a parità di formato. Cerchiamo per un attimo di non perdere di mira il vero oggetto di questo thread, cioè l’angolo di campo (può essere utile ipotizzare di sostituire il sensore M8 con un negativo di pari formato, oppure rimpiazzare il negativo 24x36 mm con un sensore di pari formato). A mio parere, la “differenza” tra una coppia di obiettivi non cambia al variare delle dimensioni del negativo (o del sensore). Tale “differenza” è – in maniera per me significativa – espressa unicamente dal rapporto tra le lunghezze focali dei due obiettivi.
Ciao.
Carlo
La mia frase "Se così fosse, e tale differenza ammontasse ad esempio a 10°, l’angolo di campo su M8 di un obiettivo che su M7 fornisce un angolo di campo di 9° sarebbe negativo (!)." commentava la seguente osservazione del primo post di Michele (Lun Ott 29, 2007 3:41 pm): “Con la seconda serie di dati (sensore) però, non si ha un semplice abbassamento dei valori, ma anche, e questa è la curiosità, una curva con un andamento diverso ...”.
Ho inteso che l’espressione “semplice abbassamento dei valori” si riferisse ad una ipotetica traslazione in direzione verticale, e verso il basso, della curva verde per ottenere la curva rossa. E’ vero, come dice Michele, che il confronto tra le due curve porta ad escludere che l’una si possa ottenere dall’altra a seguito di traslazione in direzione verticale. Il mio commento faceva implicitamente notare che questo risultato non deve stupire. Non è nemmeno necessario tracciare e confrontare le due curve per giungere alla medesima conclusione: se la curva inferiore (sensore M8) fosse ottenibile per abbassamento (traslazione verso il basso di 10° di angolo di campo, nel mio esempio) della curva superiore (negativo), allora una porzione di curva inferiore finirebbe certamente al di sotto dell’asse orizzontale del grafico (angolo di campo negativo), il che è assurdo.
”L’importante è che si capisca che, al diminuire delle dimensioni del sensore, diminuisce la differenza fra un obiettivo e l’altro, cosa che ci ha confermato Pino Caprio citando la pratica.”
Ammetto di non essere d’accordo su questo punto.
Secondo me Pino Caprio è intervenuto tangenzialmente nella discussione, tirando in ballo la differenza che esiste tra pellicola e sensore, anche a parità di formato. Cerchiamo per un attimo di non perdere di mira il vero oggetto di questo thread, cioè l’angolo di campo (può essere utile ipotizzare di sostituire il sensore M8 con un negativo di pari formato, oppure rimpiazzare il negativo 24x36 mm con un sensore di pari formato). A mio parere, la “differenza” tra una coppia di obiettivi non cambia al variare delle dimensioni del negativo (o del sensore). Tale “differenza” è – in maniera per me significativa – espressa unicamente dal rapporto tra le lunghezze focali dei due obiettivi.
Ciao.
Carlo
- Michele Azzali
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OK Carlo, ho capito il tuo punto di vista.
Alla prossima,
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Ribadisco che più il sensore è piccolo più le ottiche si equivalgono come resa, non a caso con i sensori microscopici delle compatte fondi di bottiglia fanno uscire foto decenti, le compatte hanno normalmente ottiche zoom rientranti tutte di plastica, dal costo di pochi euro, su quel sensore non c'è summilux che tenga, la differenza di resa sarebbe invisibile. Anzi, paradossalmente, un obiettivo ottimizzato sul formato pieno 35 mm (quindi cercando di ottimizzare anche i bordi) può rendere peggio sul formato APS, e viceversa. Caso classico in casa Canon, sul sensore APS il 17-40 va meglio del 16-35 che costa il doppio. Poi fate tutte le considerazioni matematiche che volete, pur essendo ingegnere so bene che teoria e realtà sono cose ben diverse
La teoria è quando si sa tutto ma non funziona niente, la pratica è quando funziona tutto ma non si sa perchè, quì si fa teoria e pratica, non funziona niente e non si sa perchè................
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