In questo weekend, invece di fotografare, per pura curiosità mi sono ricavato dei grafici che evidenziano le differenze di angolo di campo inquadrato che si hanno passando dal formato pellicola (24x36 mm) al formato del sensore della M8 (18x27 mm). Stabilito che non cambiano la resa prospettica e la profondità di campo dello stesso obiettivo montato su diversi supporti, la differenza si riscontra solo nel campo inquadrato.
Trovo quindi che parlare di “lunghezza focale equivalente” sia ingannevole, anche se ormai tutti usano questa epressione.
Per semplicità mi sono limitato a considerare l’angolo sul piano orizzontale, che è facilmente calcolabile graficamente e che Leica indica sempre nei dati tecnici degli obiettivi (a proposito, c’è un errore nella brochure del 75 mm apo summicron asph.: dove vengono indicati gli angoli sui piani diagonale, orizzontale e verticale, la sequenza dovrebbe essere 32°, 27°, 18°, e non 32°, 18°, 27°: quisquilie). Solamente a proposito del recente Elmarit 28 però, vengono riportati anche i valori per il formato della M8.
Realizzare degli schemi e tentare di effettuare le misure con squadretta e goniometro sarebbe arduo oltre che impreciso. Ho usato un programma CAD e ho impostato l’arrotondamento delle misure al grado, cioè senza decimali.
Ne risulta la seguente tabella:

Dalla tabella ho ricavato due grafici, per i due formati diversi, che riporto qui sotto assieme ad un esempio della costruzione dell’angolo relativo a un 28 mm sul formato 24x36.

Ottenuta la prima curva (pellicola), la cosa che si nota subito è che… è una curva. Cioè l’andamento non è lineare: questo era naturalmente percepibile già nella pratica fotografica: c’è molta più differenza fra un 21 e un 24 mm di quanta ce ne sia fra un 50 e un ipotetico 53, o addirittura un 65 mm, e questa è data dalla pendenza della curva. Cioè all’aumentare della lunghezza focale dell’obiettivo l’angolo di campo varia sempre meno.
Fin qui nulla di nuovo.
Con la seconda serie di dati (sensore) però, non si ha un semplice abbassamento dei valori, ma anche, e questa è la curiosità, una curva con un andamento diverso: su pellicola ad esempio, fra un 24 e un 50 mm c’è una differenza di 34°, mentre in digitale, fra gli stessi obiettivi, la differenza è solo di 29°. Allo stesso modo, mentre su pellicola la differenza fra un 35 e un 75 mm è di 27°, su sensore questa diventa di 22°.
Subito ho pensato ad un errore indotto dall’assenza dei decimali nelle misurazioni, ma il divario, soprattutto per le corte focali, è troppo grande, si tratta proprio di un diverso andamento delle curve.
Il “fattore di crop” quindi, si dovrebbe usare soltanto parlando di dimensioni di sensori e non a proposito di obiettivi, perché con questi ultimi non è costante, e il fattore 1,33 non c'entra nulla.
Come tradurre nella pratica queste consderazioni? Direi come prima cosa che l’avvento dei sensori ha avuto un impatto meno violento nel mondo reflex, dove è più frequente (e più agevole) l’uso delle focali lunghe, per le quali la differenza si sente meno, e quindi che proprio la Leica M soffre maggiormente di questo cambiamento. Secondariamente dovrei forse rivedere le affermazioni fatte in questo forum all’inizio di settembre, in cui auspicavo che, potendo mantenere un pari standard qualitativo, ridurre le dimensioni dei sensori portava ad una maggior comodità d’uso. Questo è sicuramente vero, ma d'ora in poi terrò conto della "scoperta" di oggi, e cioè che al diminuire delle dimensioni del sensore diminuisce la differenza fra un obiettivo e l’altro o, più correttamente, diminusce la differenza di campo inquadrato.
Nel prendere in considerazione un obiettivo quindi, acquistano maggior rilevanza le caratteristiche di resa prospettica e di profondità di campo, e l’angolo perde leggermente importanza, anche se la distinzione fra focali tra loro vicine, almeno fino al 75 mm, è ovviamente ancora netta.