Propongo questo autore italiano perché mi ha colpito particolarmente. Ho conosciuto la sua opera quasi per caso, mentre cercavo documentazione sull’alluvione che mise in ginocchio Trento nel 1966, di cui esiste una raccolta pubblicata dall’Archivio Fotografico Storico della mia provincia. Della stessa raccolta, chiamata “Gli Album” fa parte anche “Architetture senza architetti. L’idea di spazio nelle fotografie di Federico Vender”.
Dopo averne sfogliato poche pagine mi è balzato all’occhio il grande senso estetico di questo artista, la perfezione della composizione, oltre alla impeccabile tecnica del bianconero, molto ben stampato in questa pubblicazione.
Non ne avevo mai sentito parlare prima, e non ricorre spesso nei discorsi sui “grandi fotografi”, tuttavia secondo il mio modestissimo parere merita di farne parte. Tenete conto che io ho gusti piuttosto classici (qualcuno potrebbe dire banali...).
Propongo qui qualche riproduzione che ho ottenuto con un normale scanner piano e che perciò non rendono certamente giustizia alla bellezza delle sue foto. Le stampe originali vengono vendute nelle gallerie a diverse migliaia di euro (si trova qualche indirizzo in internet).
Di seguito riporto alcune note biografiche e critiche, scopiazzate da varie pubblicazioni, trovate in internet e messe insieme senza badare troppo allo stile. Dopo le foto riporto una bibliografia essenziale.
Federico Vender nacque a Schio (VI) nel 1901 da una ricca famiglia di origine trentina. Il padre, ingegnere chimico, si trasferì a Milano tre mesi dopo la sua nascita. Fin dall’età di docici anni si dilettò di fotografia nel laboratorio del padre conseguendone una notevole pratica.
A partire dagli anni Trenta, con la nascita delle prime riviste illustrate specialistiche, incoraggiato anche dalle conoscenze all’interno del “Circolo Fotografico Milanese”, del quale rimase direttore artistico fino al dopoguerra, incominciò ad inviare i suoi lavori alle più importanti manifestazioni e concorsi sia europei che statunitensi, ottenendo ben presto notevoli successi. Inoltre la frequentazione degli ambienti dell'architettura milanese, ricco di stimoli e idee avanzate, e il lavoro di dirigente in un'industria serica, lo misero a contatto con molte immagini provenienti dal mondo della fotografia internazionale e degli avvenimenti culturali d’avanguardia. La sua iniziale fonte di ispirazione fu la fotografia pittorialista inglese caratterizzata soprattutto dalla ritrattistica e dal paesaggio a basso tono.
Da quegli anni in poi fu sempre presente a tutti i grandi avvenimenti della fotografia italiana. L’amicizia personale con i fotografi Giuseppe Cavalli, Mario Finazzi e Ferruccio Leiss lo portò a fondare con loro il gruppo fotografico “La Bussola” (vedi nota in fondo).
Con "Riposo a Camogli" (foto 1), venne segnalato ad una mostra/concorso del prestigioso London Salon of Photography. Ben presto superò questa fase influenzato dalle immagini e dai nuovi indirizzi della fotografia, dettati negli anni '20 dalla Germania e dagli Stati Uniti, con l'affermarsi della Neue Sachlichkeit.
Gli architetti Giò Ponti e Giuseppe Pagano furono i primi in Italia ad applicare le nuove regole del modernismo architettonico riprese dal Bauhaus: gli anni '30 per la cultura visiva italiana furono il momento cruciale per il proprio rinnovamento nonostante che sia il pittorialismo che la fotografia ufficiale del fascismo imponessero fortemente i loro dettami. Il futurismo italiano, sia pure con le personalità dei Bragaglia, non riuscì a proporsi come punto di richiamo. Fu piuttosto la metafisica che richiamò l'attenzione di alcuni fotografi quali Giuseppe Cavalli mentre, contemporaneamente, la lezione estrema di Christian Schad, Lazlo Moholy Nagy e Man Ray colpì il solo Luigi Veronesi.
Con la pubblicazione di Die Welt ist schön nel 1928 di Albert Renger-Patsch e la grande esposizione Film und Foto di Stoccarda del 1929, della quale Vender possedeva il catalogo Foto Auge curato da Franz Roh e Jan Tschichold, la "nuova obiettività" verrà accolta con interesse negli ambienti antiaccademici, negli studi degli architetti e designers. L'insegnamento che daranno riviste come "Domus", "Casabella", "Zodiac", "Abitare" e le pubblicazioni specializzate come "Il progresso fotografico", "Galleria", "Il corriere fotografico" con il suo annuario "Luci ed ombre" e libri come Tre concetti per fotografi moderni (1934) di Mario Bellavista e ancora mostre come quella di Monza del '27, la prima triennale di Roma del '33, la quinta triennale di Milano dello stesso anno, il quinto salone di Torino nel 1937 che propose i temi di Film und foto ed espose opere di Edward Weston, Alfred Stiegliz, Paul Strand diffuse questo nuovo approccio alla fotografia.
L'idealismo crociano ben si associò alla versione italiana di queste nuove cifre stilistiche e trovò i suoi maggiori fautori negli esponenti della Bussola, che fecero uso del tono alto, della luce mediterranea (peraltro già proposte con i famosi paesaggi invernali dei fratelli Pedrotti fin dagli inizi degli anni '30). Non a caso, nel dopoguerra, saranno loro a proporre il famoso manifesto della Bussola. Anche sotto questo aspetto il mondo germanico fornirà i modelli per primo. Autori come Florence Henry nel 1936, Herbert Bayer a Milano nel 1937, Herbert List, Raoul Hausmann ed il russo Georg Henygen-Huene, pubblicarono le loro fotografie su riviste di moda scegliendo il Mediterraneo come luogo dei loro soggiorni.
I viaggi di Vender con la fedele Plaubel Makina 6x9 in Alto Adige e all’estero, specialmente in Austria, Germania, Ungheria e sulll’adorato mare Adriatico, gli permisero di elaborare un proprio stile asciutto, solare, sempre di altissima qualità formale.
Vender si affermò, oltre che nel già citato London salon of Photography, pubblicando su Deutscher Kamera Almanac e The American Annual of Photography del 1938, in Italia con la partecipazione al prestigioso editoriale della "Domus" (1943) dove sono presenti con nove immagini anche i fratelli Pedrotti.
Nel dopoguerra Vender si trovò tra i promotori del manifesto della Bussola, contemporaneamente subì le suggestioni del neorealismo, in particolare nel ritratto, e cominciò ad occuparsi professionalmente di moda, con l'industria Ferrania e con la Carl Zeiss-Linhof.
Agli inizi degli anni '50 venne assunto come fotografo dalla Rizzoli prima e dalla Delduca poi per le illustrazioni dei fotoromanzi. Con questo gravoso impegno in un nuovo settore della pubblicistica, Vender diminuì l'attività di ricerca. I riconoscimenti si fecero comunque sempre più importanti: invitato da "U.S. Camera" nel 1951, alla mostra Les maîtres de la camera a Parigi nel 1952 e al MOMA di New York nel 1962.
La sua opera va collocata in canoni ben precisi di ordine, di pulizia, formalmente coerenti ai propri principi estetici vicini a quell'idealismo neutrale che consentì, anche ai suoi amici della Bussola, di proporre all'attenzione mondiale una fotografia che, forse non del tutto a ragione, è stata indicata come precipuamente italiana.
A metà degli anni Sessanta, in seguito ad un grave incidente stradale, si ritirò a vita privata sulle rive del Lago di Garda e smise l’attività sia professionale che amatoriale.
Scomparve ad Arco (TN) nel 1999, dopo aver donato alla Provincia Autonoma di Trento il suo intero fondo fotografico, composto da oltre 600 stampe e più di 2000 negativi, la Plaubel ed altre attrezzature, quaderni di note tecinche sulla ripresa e sui trattamenti in camera oscura, di cui aveva padronanza assoluta.
Nota sul gruppo fotografico “La Bussola”: i fondatori firmarono il Manifesto del gruppo, che venne pubblicato nel maggio del 1947 sul numero 5 della rivista "Ferrania". Vi aderì Fosco Maraini. Presto il gruppo dovette confrontarsi col Gruppo Friuliano per una nuova fotografia (1955 - 1959) formato da fotografi come Italo Zannier, Toni del Tin, Aldo Beltrame, Fulvio Roiter, Carlo Bevilacqua e Giuliano Borghesan, che proponeva invece una fotografia documentaria e compromessa con la realtà sociale, secondo le idee del neorealismo implicante il fatto che la fotografia dovesse essere per prima cosa funzionale a esprimere la storia del proprio tempo.
Bibliografia (stringata):
1) "Architettura senza architetti. L'idea di spazio nelle fotografie di Federico Vender"
a cura di Angelo Maggi, Album n. 2 - Archiviofotografico storico - Soprintendenza per i beni storico artistici.
Provincia autonoma di Trento, 2006.
Da questa pubblicazione sono tratte le immagini qui riportate.
2) "Federico Vender, fotografo"
a cura del circolo fotografico "La tavola rotonda" con il patrocinio dell'Assessorato alla cultura del comune di Riva del Garda.
Riva del Garda (TN), 1991.
3) "Federico Vender, fotografie, 1930 - 1955"
di Floriano Menapace. Edizioni Raetia, Bolzano, 1997.
4) questo link: http://www.trentinocultura.net/doc/cata ... nder_h.asp
Federico Vender
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