Una sera con Gianni Berengo Gardin.
Inviato: mar feb 18, 2020 2:21 am
Prima di spostare questo argomento nella sezione "Consigli di lettura e visione" vi propongo questo “Talk Show” realizzato nei locali di un noto negozio milanese durante una serata culturale a cui sono presenti, oltre al maestro del titolo, grossi nomi della fotografia nazionale: Uliano Lucas, Ivo Saglietti, Renato Corsini (direttore del Macof di Brescia), Giuseppe Vitale (membro del disciolto Gruppo Fotografico Leica), Maurizio Garofalo (giornalista) ed altri.
Vi dico subito che il mio giudizio su quanto ho sentito è negativo, ma vi invito a guardarlo ugualmente, poi direte la vostra.
https://www.youtube.com/watch?v=8vcsyoboMgo
Qui dico la mia: malgrado il titolo, la serata parte subito parlando, protagonista Lucas, di Robert Capa, della Normandia e della fine del fotogiornalismo. Segue un deprimente, secondo me, intervento di Renato Corsini (che ha ospitato la nostra mostra nel 2017 e che abbiamo comunque ampiamente ringraziato) sul nonsenso e sulla futilità dei giovani fotografi che si ispirano ai maestri come GBG al giorno d’oggi, definendoli fuori contesto e fuori dal tempo.
Spero che si riferisca solo alla fotografia commerciale, quella che deve dare da vivere al fotografo, e non per esempio, a quella amatoriale.
Solo Saglietti abbozza una replica in senso contrario.
Trovo insopportabile quello che dice, sempre Corsini, sulla stampa digitale definendola “poster”, “litografia” (a partire dal minuto 27). Cade nella trappola di considerare “vera fotografia” solo quella che esce da una camera oscura, raro e prezioso oggetto se confrontato, su questo concordo, con l’alluvione di immagini sui monitor e i display da cui siamo sommersi oggi.
Insomma secondo lui non ha senso ispirarsi ai maestri della vecchia scuola, i tempi sono cambiati, ma guai a stampare con un flusso di lavoro moderno: “Ogni copia è uguale all’altra, in camera oscura nessuna copia è uguale all’altra”.
Ma se è proprio quello che hanno inseguito tutti i fotografi da quando esiste quest’arte!
Io ci vedo una clamorosa contraddizione.
Comunque il discorso casca sempre sul fotogiornalismo. E non c’è da stupirsi, data la presenza dei personaggi in sala.
La seconda parte è più piacevole, Berengo Gardin parla della sua formazione culturale, della necessità di conoscere l’opera dei maestri, di sapere prima di tutto cosa si vuole fotografare.
Si scalda un po’ però quando uno del pubblico chiede come mai sia così rigido nei confronti della post-produzione. Poi racconta un po’ della sua storia, di come ha cominciato (ascoltata altre volte, per carità), ma aggiunge anche qualche aneddoto interessante, per esempio del suo litigio con Doisneau.
Il tutto intervallato dalla visione delle sue stupende fotografie. Non è piaggeria, le trovo veramente struggenti, mi parlano del paese in cui sono cresciuto, che oggi è scomparso. Quelle foto sono irripetibili, tutto è cambiato, soprattutto nella gente, ma questa, come si dice, è un'altra storia...
Vi dico subito che il mio giudizio su quanto ho sentito è negativo, ma vi invito a guardarlo ugualmente, poi direte la vostra.
https://www.youtube.com/watch?v=8vcsyoboMgo
Qui dico la mia: malgrado il titolo, la serata parte subito parlando, protagonista Lucas, di Robert Capa, della Normandia e della fine del fotogiornalismo. Segue un deprimente, secondo me, intervento di Renato Corsini (che ha ospitato la nostra mostra nel 2017 e che abbiamo comunque ampiamente ringraziato) sul nonsenso e sulla futilità dei giovani fotografi che si ispirano ai maestri come GBG al giorno d’oggi, definendoli fuori contesto e fuori dal tempo.
Spero che si riferisca solo alla fotografia commerciale, quella che deve dare da vivere al fotografo, e non per esempio, a quella amatoriale.
Solo Saglietti abbozza una replica in senso contrario.
Trovo insopportabile quello che dice, sempre Corsini, sulla stampa digitale definendola “poster”, “litografia” (a partire dal minuto 27). Cade nella trappola di considerare “vera fotografia” solo quella che esce da una camera oscura, raro e prezioso oggetto se confrontato, su questo concordo, con l’alluvione di immagini sui monitor e i display da cui siamo sommersi oggi.
Insomma secondo lui non ha senso ispirarsi ai maestri della vecchia scuola, i tempi sono cambiati, ma guai a stampare con un flusso di lavoro moderno: “Ogni copia è uguale all’altra, in camera oscura nessuna copia è uguale all’altra”.
Ma se è proprio quello che hanno inseguito tutti i fotografi da quando esiste quest’arte!
Io ci vedo una clamorosa contraddizione.
Comunque il discorso casca sempre sul fotogiornalismo. E non c’è da stupirsi, data la presenza dei personaggi in sala.
La seconda parte è più piacevole, Berengo Gardin parla della sua formazione culturale, della necessità di conoscere l’opera dei maestri, di sapere prima di tutto cosa si vuole fotografare.
Si scalda un po’ però quando uno del pubblico chiede come mai sia così rigido nei confronti della post-produzione. Poi racconta un po’ della sua storia, di come ha cominciato (ascoltata altre volte, per carità), ma aggiunge anche qualche aneddoto interessante, per esempio del suo litigio con Doisneau.
Il tutto intervallato dalla visione delle sue stupende fotografie. Non è piaggeria, le trovo veramente struggenti, mi parlano del paese in cui sono cresciuto, che oggi è scomparso. Quelle foto sono irripetibili, tutto è cambiato, soprattutto nella gente, ma questa, come si dice, è un'altra storia...