Un paio d'anni fa lessi un libro di cui parlai qui nel forum, suscitando l'interesse di molti. Riporto qui di seguito quanto scritto allora, con il necessario adattamento.
L'autore è Peter Galassi, curatore del MoMA di New York. Non è il solito pacco di foto celebrative messe insieme per fare cassa, è molto ben stampato (sia le foto che il testo) e ben rilegato. A mio modesto parere è anche ben scritto e ben tradotto in un Italiano corrente. Insomma, il modo in cui vorrei leggere sempre.
Naturalmente avevo già avuto modo di ammirare molte delle foto del maestro francese su varie pubblicazioni, e in anni recenti anche in internet, soprattutto grazie a questo forum. Non c’è nessuno che non abbia mai visto una sua immagine, anche senza saperlo, visto che alcune sono dei classici senza tempo, a volte riproposte in maniera eccessiva (il ragazzo con le bottiglie di vino in Rue Muffetard, per citarne una sola). Tuttavia mi era sempre rimasta una certa curiosità sul personaggio, sulla sua storia, e soprattutto sul suo modo di fotografare. Il libro non dà quasi nessuna indicazione tecnica, ma spiega molte cose.
La prima che mi viene in mente è che Cartier Bresson non ebbe mai problemi di soldi, essendo il rampollo di una delle famiglie più ricche di Francia. Questo naturalmente gli permise fin da subito di entrare in contatto con le cerchie intellettuali di tutta Europa e d’America, anche se dichiarava di vivere questo suo privilegio con fastidio, a causa delle sue idee politiche. I personaggi illustri che fotografò all’inizio, quando ancora la fotografia non era professione, erano amici suoi. Era il benvenuto negli ambienti dove incontrava critici d’arte e personaggi come il pittore Matisse, era amico di registi come Renoir (figlio), con cui tra l’altro lavorò.
Aveva una cerchia di conoscenze di una vastità impressionante, che ovviamente gli diede sempre accesso ai “posti giusti”. Inoltre possedeva una cultura smisurata, soprattutto nel campo delle arti e della letteratura, cosa che gli permetteva di sentirsi a suo agio sia alla presenza di teste coronate che del più umile dei carrettieri. E quando il fotografo è a proprio agio, come sappiamo, produce le cose migliori.
Alcune leggende sono da sfatare. Ad esempio, quando venne fondata l’agenzia Magnum, Bresson non era nemmeno presente. Esistevano naturalmente degli accordi, ma il vero decisionista e business-man fu Robert Capa. In seguito negli uffici della Magnum, Bresson non entrò quasi mai, gli incarichi avvenivano sempre per comunicazioni scritte.
Alcune cose mi hanno proprio colpito, ad esempio la facilità con cui girava il mondo, sia per lavoro che per proprio piacere (ma spesso le due cose coincidevano), in tempi in cui i viaggi, aerei e terrestri, non erano una routine come oggi. Altissime anche le somme di denaro che giravano nel periodo d’oro delle riviste illustrate e del fotoreportage. Erano gli anni in cui il mondo scopriva se stesso o forse, meglio, in cui l’occidente scopriva il resto del mondo.
Mi ha lasciato sconcertato il modo in cui Bresson si disinteressava quasi completamente di ciò che avveniva delle sue immagini una volta spedite le pellicole (quasi sempre da sviluppare). A lui interessava catturare l’attimo, era un cacciatore, poi lasciava fare il resto ai redattori e agli art-director. Stette tre anni in Asia scattando foto che vennero pubblicate in tutto il mondo, ma lui non le vide mai. Questo disinteresse era sopraggiunto però solo dopo che si era reso conto che pretendere il rispetto dell’interezza dell’inquadratura, del contesto della foto e delle note didascaliche (le prime volte le inviava sempre) era una battaglia persa.
Una dato curioso: una volta abbandonata la fotografia e ritiratosi a vita privata, trascorse molti più anni a dipingere di quanti aveva passato fotografando.
In alcuni paragrafi viene analizzato il modo in cui Bresson ottenne alcune delle sue immagini più note, attraverso la lettura degli scatti precedenti e successivi, perfino il modo in cui si muoveva rispetto al soggetto, e questo è molto interessante. Naturalmente era restìo a mostrare i provini, che comprendevano anche gli scatti non riusciti, e la percentuale di quelli buoni era… confrontabile con la mia di oggi! Certo, le quantità assolute sono un po’ diverse…
Ecco, ho pensato di dirvi alcune cose interessanti (che ho appena imparato) sull’autore più citato quando si parla di Leica, e magari di stimolare qualche riflessione da condividere o meno.
Scheda tecnica del libro:
Titolo: Henri Cartier Bresson, il secolo moderno
Autore: Peter Galassi
Editore: Contrasto
Anno di edizione: 2010
Prezzo di copertina: 55,00 euro
Henri Cartier Bresson, il secolo moderno
Moderatori: Emilio Vendramin, Riccardox, Massimiliano Liti, Sergio Frascolla, Michele Azzali, Ferruccio Lobba
- Michele Azzali
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Henri Cartier Bresson, il secolo moderno
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