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Bruce Chatwin, fotografo.

Inviato: lun lug 21, 2014 3:53 pm
da Sergio Frascolla
Non ho mai guardato molto la Firma, parlando di tutto e, andando al sodo, di Fotografi.
La foto, anzi la FOTO: quella si, eccome.
Ne ricordo a centinaia, a migliaia probabilmente: hanno segnato le epoche contemporanee in maniera talmente forte da diventare dei canoni mediatici compresi dalla maggioranza della società.
Spesso, troppo spesso, non so chi sia l'Autore, come e perchè la tale Opera è nata, quanto è stata determinante la sorte, l'occhio, il cuore.

La nostra iniziativa di aprire questo spazio, dedicato appunto ai grandi fotografi, vuole essere un tentativo di allargare, nel mio caso di aprire quasi, il mondo delle conoscenze in materia di cultura fotografica pura, al di là dell'appartenenza o meno alla cerchia del "bollino rosso".

Qui la macchina fotografica rimane al suo posto: il mezzo col quale l'Artista inizia il percorso che porterà all'Opera. Ciò non di meno, quando Mr Henry C. B. farà il Suo ingresso non si potrà fare a meno di parlare del prolungamento dei suoi sensi e del suo corpo, la sua Leica. O se ci venisse a trovare quel simpatico vecchietto con la barba ed il cappello da cow boy, Ansel A., non potremmo esimerci dal nominare i suoi banchi ottici, trasportati dove osano le aquile...

Tutto concorre a fare di una fotografia un'opera d'arte, un'icona.
L'Uomo/Donna per primi, ovvio, con le molteplici sfaccettature e qualità necessarie alla nascita di una Fotografia: forse la prima a mio modestissimo avviso, è la curiosità.
E' una caratteristica spiccatamente umana quella di non farsi gli affari propri; a volte però porta un lustro inaspettato a tutta la nostra genìa.

Parlando di curiosi vorrei partire proprio da uno che ha fatto della brama di vedere, toccare, conoscere, la sua ragione di vita, dedicandole la maggior parte di essa, ancorchè breve:

Bruce Chatwin, l'ultimo dei romantici esploratori vittoriani, insieme ad Hugo Pratt.
Ma se il Maestro di Malamocco, da sempre mio personale Nume Tutelare ( :wink: ), demandava alla "Letteratura disegnata" la materializzazione delle sue peregrinazioni, il suo alter ego britannico, famosissimo scrittore, idolatrato da una generazione intera, aveva sempre con sè ... una macchina fotografica: e cosa mai potrebbe aver avuto un Inglese un poco snob, amante della bellezza e degli spazi aperti, delle cose ben fatte e micronizzate?

Una Leica CL con una sola ottica (credo il 40 di corredo): non solo un libretto di appunti (per quello c'erano i famosi moleskines) ma un attrezzo con il quale compiere un percorso parallelo a quello della sua matita, per ricordare volti, colori, posti spesso ai limiti del mondo, di quello che noi consideriamo il mondo civile. Un reporter dunque, ma di un tipo particolare perchè nei grandi viaggi, negli immensi spazi, cercava se stesso, i suoi dubbi, le irrazionalità cui la vita lo aveva costretto, ed alle quali sfuggiva (?) cercando, cercando...

Questa la copertina ed il risvolto del libro di Adelphi che formava il catalogo della prima mostra tematica.

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Risvolto
«Lo zio Robin, suonatore di fagotto, sosteneva che in anglosassone chette-wynde voleva dire sentiero tortuoso». A questi «sentieri tortuosi», che paiono inscritti nel nome e nel destino di Bruce Chatwin e che lo hanno condotto in una perenne irrequietezza nei luoghi più disparati, dalla Mauritania ai deserti australiani, è dedicata la prima mostra al mondo che fornisca un quadro vasto e articolato della sua opera di fotografo. Mostra molto attesa, da quando la pubblicazione dell’Occhio assoluto ha rivelato l’esistenza di un’attività sino allora ipotizzabile solo sulla base delle foto che accompagnano In Patagonia (foto, peraltro, di cui Rebecca West ebbe a dire che erano talmente belle da rendere superfluo il testo). Di fatto Chatwin nei suoi viaggi ha sempre usato la macchina fotografica come una sorta di taccuino visivo, in parallelo ai celebri quaderni di tela cerata che sempre lo accompagnavano e che sono il vero laboratorio della sua opera letteraria. Si sono così accumulate centinaia di fotografie – in gran parte ignote e ora messe a disposizione da Elizabeth Chatwin –, che Roberto Calasso, cui si deve anche il saggio introduttivo al catalogo, ha scelto e organizzato in sezioni, creando un contrappunto fra di esse e l’opera letteraria, l’ultima a tutt’oggi in cui si sia incarnato il «mito del viaggio».
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Foto in bn,
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ma più spesso a colori,
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quei saturi colori dei deserti, dove l'aria non ha quasi del tutto umidità e la materia acquista un peso specifico superiore.
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Foto di grandi spazi, immensità piene di nulla, nelle quali immaginare se stessi, forse abbandonati, certamente al sicuro dal "resto". Poche le presenze umane, ma vivide di personalità quasi soprannaturale, come nella foto in copertina.
Tante le cattedrali nel deserto, luoghi un tempo vissuti, avamposti spesso sacrileghi di una civiltà che si propaga solo dove ci sia un tornaconto, o luoghi mitici come la tomba di Butch Cassidy (proprio quello che interpretava Paul Newman, col sottofondo di Burt Bacharach...) in mezzo alle sterminate praterie della Patagonia.

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Un Autore, insomma, famosissimo come scrittore, molto poco conosciuto come fotografo che mi sento di segnalarVi sia per la bravura che per la "nuova" modalità di apprezzarlo, per chi avesse già letto qualcuno dei suoi libri.
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Proprio qui in Italia, nella mia Genova, gli è stato intitolato un premio annuale, con mostre tematiche e dedicate a Lui, le sue foto, i suoi celebri taccuini, le sue attrezzature, tra cui la citata Leica cl, lo zaino in pelle fatto su misura, ecc ecc.
Purtroppo la Crisi si è fagocitata anche questa manifestazione, per dieci anni la più completa ed "onorata" dalla presenza costante della Sig.ra Elisabeth Chatwin, cui va il merito di averci svelato il fotografo che si nascondeva dietro allo scrittore.

Termino qui, non posso, ma neanche voglio dire di più, lasciando che chi abbia curiosità ... si metta in viaggio.
Inviato: ven lug 18, 2014 2:39 pm