Si è sviluppata nel forum un'interessante discussione sull'argomento.
Di seguito sono raccolti alcuni degli interventi più significativi.
Contributo MAXBEREK
Non è assolutamente obbligatorio che un grandangolare per telemetro sia retrofocus (contrariamente alle reflex, a meno di non ribaltare lo specchio permanentemente nell'uso di focali simmetriche), lo provano, in casa Leitz-Leica, diversi obiettivi, tra tutti il Super Angulon 21, di derivazione Schneider, perfettamente simmetrico, o il primo Elmarit 28, semisimmetrico;
il Biogon 21 Zeiss per Contax telemetrica o il Nikkor 21 per Nikon S, simmetrici pure questi.
Perchè allora si preferì adottare schemi retrofocus (per essere precisi in casa Leica si tratta di schemi semi-retrofocus)?
Principalmente per ragioni costruttive o di implementazione di una maggiore luminosità (gli schemi simmetrici raggiungono luminosità max esigue, intorno al f4-5,6, e solo al centro ottico) e per ovviare ad un problema insito nello schema simmetrico degli ultrawide, la cospicua vignettatura.
Pagando lo scotto, però, di un aumento (a volte imbarazzante...) della distorsione extra assiale.
Non per nulla, per anni una delle migliori macchine per foto di architettura, dove la distorsione non è ammessa, fu la Hasselblad Super Wide dotata del prestigioso Zeiss Biogon 38 simmetrico.
Adesso, per molte ottiche retrofocali che presentano distorsione, si tende a correggere con Photoshop e l'apposito tool, ricordando però che l'immagine presenterà un decadimento nelle zone "stirate" dal software.
I 35mm. Leica per telemetro non necessitano di schemi retrofocus, infatti sono tutti di derivazione doppio Gauss simmetrica o semisimmetrica (anche gli asferici), mentre si va sui retrofocali e semi-retrofocali dal 28mm. in giù.
Le nuove tendenze trovano applicazione dello schema retrofocus anche nei normali 50mm. o giù di lì, vedi il caso dello Zeiss Otus che presenta uno schema Distagon (che in casa Zeiss significa schema retrofocus) per permettere una ottimizzazione del percorso il più parallelo possibile dei raggi che colpiscono il sensore e quindi una migliore telecentricità dell'ottica.
In linea di massima lo schema retrofocus ha una maggiore telecentricità, proprio perchè "sposta" il centro nodale dell'ottica, rispetto al simmetrico, dove i raggi in uscita sono fortemente angolati, per cui colpiscono le zone marginali della superficie sensibile con una forte perdita di luminosità.
Questo spiega anche la quasi scomparsa degli schemi simmetrici in ambito digitale (dove il problema della telecentricità e molto sentito), telemetro compreso ... Retrofocus è meglio?
Si per quanto riguarda la distribuzione della luce sul formato ed il raggiungimento di una luminosità max più elevata, ni per il resto.
Nel senso che vai a correggere alcuni parametri, ma te ne ritrovi altri che peggiorano la qualità di immagine, e proprio nei punti (i bordi) che per altro verso correggi.
La distorsione poi aumenta, di solito a barilotto, ma anche a "mustache", difficile da correggere via software.
Per non parlare, appunto, del peso e dell'ingombro maggiori, se si vuole una luminosità max elevata.
Chiaramente nelle migliori realizzazioni ( mi viene in mente, per telemetro, l'Elmarit 21/2,8 o lo straordinario Zeiss Distagon 15/2,8) parlare di compromesso è azzardato, visto che i parametri sono tutti molto ben corretti, tanto da farci tranquillamente dimenticare i difetti insiti in questo schema ottico, certo sono qualità che comunque si pagano, e parecchio.
Lo schema semi-retrofocus (o semi- simmetrico, se lo guardiamo... dall'altra parte) non è altro, detto un pò alla grezza, che uno schema simmetrico, al quale viene "spostato" il punto nodale, indietro, rispetto al centro ottico: infatti in questo caso non si può più definirlo "teleobiettivo invertito" come è il vero retrofocus.
E assomma i pregi del simmetrico mitigando i difetti del classico retrofocus, sempre a prezzo di calcoli complessi e uso di vetri e superfici di prim'ordine.
Quindi ottima distribuzione della illuminazione sul formato e contenimento ottimale della distorsione.
Contributo BATTELLI
La necessità di abbandonare lo schema simmetrico per passare al semiretrofocus non è nata col passaggio al digitale, ma, in casa Leitz, più di 40 anni fa per problemi di tipo meccanico con l'avvento della M5 e della CL. Infatti i grandangolari simmetrici (Super Angulon e Elmarit 28 1° tipo) impedivano il posizionamento del braccetto mobile che posizionava la fotocellula al CDS al centro del fotogramma per la misurazione dell'esposizione. Il problema fu risolto con una modifica della montatura del Super Angulon per mezzo della quale il braccetto restava bloccato in posizione di riposo (non era possibile misurare l'esposizione con l'esposimetro interno) ma solo per la M5, sulla CL non era possibile utilizzarlo, e con la realizzazione dell'Elmarit 28 2° tipo, la cui parte posteriore rientrava meno nel corpo macchina. Successivamente il Super Angulon venne sostituito dall'Elmarit 21 mm, semiretrofocus, che permette la misurazione TTL, perché il braccetto riesce a posizionare la fotocellula dietro l'utima lente, analogamente al 28 mm secondo tipo. Col passaggio alla M6 e successive, che non necessitano di braccetto mobile in quanto la fotocellula al silicio misura la luce riflessa dal "bollino" al centro della prima tendina, il problema si è riproposto in quanto la parte interna al corpo macchina degli obiettivi simmetrici molto sporgenti si va a posizionare sui raggi di riflessione letti dalla fotocellula. L'identico problema si è posto col passaggio al digitale (M8 e successive) il cui esposimetro è analogo a quella della M6 (cambia solo la posizione della fotocellula), aggravato dall'altro problema, precedentemente descritto in questo 3D, caratteristico della fotografia digitale.
Retrofocus: ne vogliamo parlare?
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