Un amico di vecchia data del forum, mi ha inviato il testo che segue.
L'autore è Marco Cavina che, nel consentirne la libera pubblicazione nel nostro forum, precisa che si tratta di un testo datato e che oggi la trattazione del problema potrebbe essere ulteriormente arricchita.
Lo ringrazio qui pubblicamente per aver contribuito ad arrichire il nostro Archivio Tecnico.
Fra appassionati si disquisisce spesso di ottiche radioattive, sovente paventando timori eccessivi; non si tratta, tuttavia di una leggenda metropolitana campata in aria : tali obiettivi esistono realmente !
Vediamo di tratteggiare in modo succinto una carrellata sull’argomento , citando anche alcuni dei casi più famosi di “hot lenses”.
Le origini dell’emissione sono essenzialmente due : la contaminazione per permanenza in ambiente radioattivo e l’impiego di isotopi attivi nel processo di fabbricazione ; il primo caso è quantomeno sporadico, ed è piuttosto raro che possa capitarvi fra le mani un’ottica d’occasione precedentemente contaminata ; è noto, tuttavia, che l’U.S. Government smaltisce saltuariamente lotti di obiettivi contaminati, non è dato di sapere tramite quali canali…
Veniamo senza indugio alla fonte primaria di radiazioni: l’utilizzo di materiali radioattivi nella costruzione dell’ottica; i principali elementi imputati sono sostanzialmente quattro:
TORIO , LANTANIO , CERIO ed URANIO
Una distinzione innanzitutto : Lantanio e Cerio di per sé non sono radioattivi ; tuttavia i composti dai quali si ricavano – come vedremo – contengono isotopi che a volte finiscono nel crogiuolo assieme alle terre rare. Il Torio si ricava dalla MONAZITE , formalmente un fosfato di Cerio dalla composizione non definita, contenendo anche porzioni variabili di ITTRIO , TORIO e LANTANIO ; il Torio per sua natura emette particelle Alfa , mentre suoi isotopi emettono anche nello spettro delle Beta ; infine, il Torio presente nei vetri con gli anni decade ed inizia ad irradiare nel campo dei raggi Gamma ; specificamente dopo 6 anni dalla fusione del vetro l’ossido di Torio comincia l’emissione Gamma , la quale aumenta gradatamente per 9 anni e poi si stabilizza ; inutile aspettare, il decadimento del Torio equivale ad un’attesa di 10 anni alla 10^ potenza per dimezzare la sua radioattività….
Alfa , Beta e Gamma pari non sono: le prime permeano pochi centimetri d’aria e basta un foglio per arrestarle ; le seconde s’irradiano in campo libero per un metro o poco più ed attraversano pelle e materiali di certo spessore ; le Gamma sono più penetranti ed anche più pericolose : tecnicamente basta un singolo raggio Gamma per mutare una cellula in cancerogena ed avviare l’innominabile abominio…
L’ossido di Torio fu impiegato a partire dal secondo conflitto mondiale poiché modifica sostanzialmente il numero di Abbe del vetro col quale è miscelato ; il numero di Abbe è una
specie di impronta digitale del vetro ed identifica con tre cifre il suo indice di dispersione – dando per scontata una virgola decimale fra il secondo ed il terzo numero - ; più alto il numero, minore la dispersione del fascio luminoso rifratto: in pratica il Torio contrasta la caratteristica del vetro ottico rifrangente (cioè molato con forme curve e non pianoparallelo) di disperdere il raggio di luce bianca incidente in uno spettro, rifrangendo le singole lunghezze d’onda (i colori dell’arcobaleno) con angoli di rifrazione via via minori passando dalle brevi (violetto) alle lunghe (rosso) ; questo pernicioso fenomeno porta a fuoco i vari colori sul piano focale a distanze diverse, più vicine quelli di breve lunghezza d’onda (il blu) e più lontane gli opposti (il rosso) ; questo spostamento di fuoco in ottiche normalmente corrette si attesta su F/1000 , dove F è la lunghezza focale dell’obiettivo espressa in mm ( mentre in ottiche apocromatiche dalla correzione perfetta - come il Leica Apo-Telyt 180mm f/3,4 - lo
spostamento si riduce fino ad F/4500 ) .
Ovviamente tale comportamento penalizza molto la nitidezza dell’immagine finale, e grazie all’ossido di Torio è possibile elevare il numero di Abbe, riducendo le differenze negli angoli di rifrazione dei vari colori dello spettro e quindi portandoli a fuoco sulla coniugata posteriore sostanzialmente nello stesso piano.
Inoltre il Torio eleva l’indice di rifrazione dei vetri Crown pesanti, permettendo una migliore correzione in virtù di curvature meno esasperate degli elementi altamente rifrangenti.
Perché si iniziò ad utilizzare vetri all’ossido di Torio ? Ad avviare il processo fu la Kodak : nel periodo bellico era necessario disporre di obiettivi per ricognizione aerea molto corretti e luminosi ed afflitti da un’aberrazione cromatica negligibile, dato che spesso si lavorava con emulsioni IR o comunque con filtri rosso scuro per combattere la foschia ; purtroppo, gli schemi ottici più adatti allo scopo come il doppio Gauss derivato dal Planar di Rudolph erano penalizzati dal flare dovuto al maggior numero di passaggi ad aria, ed anche se la Kodak – sebbene anticipata nel 1935 dal dott. Smakula della Zeiss con la sua “azzurratura” al fluoruro di Magnesio deposto sotto vuoto – disponeva già di primitivi trattamenti antiriflessi , essi erano meccanicamente incoerenti e quindi impiegabili solo su lenti interne ; inoltre la loro efficacia era modesta.
Giocoforza si dovette ripiegare su schemi derivati dal classico “workhorse” , l’immortale Tessar, dotato di meno passaggi ad aria e sensibilmente più brillante dei Gauss dell’epoca ; purtroppo, il tripletto modificato tipo Tessar presenta un vistoso calo di MTF nel campo del rosso ,proprio quello che andava acromatizzato, cioè ottimizzato per l’impiego con filtri di contrasto nell’aerofotografia.
Utilizzando il nuovo vetro al Torio nell’ultima lente del doppietto posteriore, il tipo Tessar così modificato acquisiva una correzione quasi apocromatica, con un sensibile miglioramento anche del coma alle maggiori aperture , fornendo la base per il miglior obiettivo da aerofotografia che la tecnologia del tempo consentisse: l’Aero Ektar .
Il secondo elemento contaminante, il LANTANIO , fu introdotto da Morey nello sviluppo dei vetri Crown pesanti negli anni ’30 ; anch’esso si ricava dalla MONAZITE , che nei casi più fortunati, come le sabbie di Monazite indiane, può contenere fino al 25% di Lantanio ; anche in questo caso si era rilevato che il Lantanio aumentava sensibilmente l’indice di rifrazione dei vetri cui era miscelato, aprendo nuove strade a calcoli ottici più arditi e migliorando la correzione di ottiche già esistenti , come i tripletti di Cooke o i tipo Tessar ;la Kodak – che aveva una certa autonomia nella produzione di vetri dato che a quei tempi a Rochester erano attive numerose vetrerie proprietarie, oggi chiuse – acquisì la tecnologia da Morey e produsse una gamma di vetri al Lantanio.
Successivamente l’utilizzo di tali materiali si diffuse a macchia d’olio nella produzione, e le denominazioni stesse delle ottiche, come Lanthar od Apo-Lanthar ne tradiscono l’impiego ; la Leitz applicò vetri al lantanio di origine Schott&Genossen - Mainz (la vetreria Zeiss) al suo celebre Elmar 50/3,5 e nel 1957 nacque la versione 50/2,8 con vetro LaK9 ed LaKN9 , il primo dei quali impiegato anche nel primitivo Summicron 50/2 a 7 lenti; nel successivo Summicron-M 50/2 a 6 lenti abbiamo quattro lenti in LaFN12 , nel Summilux-R 50/1,4 compare LaK8 e K9 ;infine, nei Noctilux abbiamo LaK12 e LaF21 nella versione 50/1 mentre per il precedente 50/1,2 è noto l’impiego di speciali vetri delle vetrerie Leitz di Wetzlar ma senza ulteriori specifiche.
Non deve stupire l’utilizzo di vetri Zeiss (Schott) da parte di Leitz ; in realtà per molto tempo Leitz non ha prodotto vetri nei propri stabilimenti : fino al 1926 impiegava i vetri della C.P. Goerz, Berlin (madre dei mitici Hypergon ) ; poi – in seguito all’assorbimento di quest’ultima nella Zeiss Ikon -, divenne cliente della Schott, e solo ai tempi del Noctilux-M 50/1,2 iniziò ad utilizzare vetri speciali forgiati nella propria vetreria a Wetzlar.
Anche il Lantanio non sarebbe radioattivo – sebbene sia presente in natura in due isotopi, uno dei quali emette minime quantità di radiazioni - tuttavia come abbiamo visto esso si ricava dalle sabbie di Monazite che contiene isotopi radioattivi, molto difficili da raffinare e separare completamente dal Lantanio, data l’estrema affinità chimica di quest’ultimo con essi ; quindi in molti casi la contaminazione del materiale con queste terre rare porta un certo grado di radioattività.
Il terzo elemento che prendiamo in considerazione è il CERIO ; questo elemento venne impiegato dal dopoguerra in poi per sbiancare gli ossidi di ferro residui nel vetro, rendendoli invisibili : infatti i vetri Crown ad alta rifrazione fondono a temperature molto elevate ; prima dell’avvento di crogiuoli rivestiti in Platino, i convenzionali modelli in metallo – causa le alte temperature e l’aggressività intrinseca della pasta vetrosa fusa – lasciavano molte scorie metalliche nel prodotto finale, rilevabili come impurità incluse di colore verde.
Il Cerio si ricava dalla CERITE , ufficialmente un Sorosilicato di Calcio, ferro e Cerio dalla formula complessa (Ca,Fe)Ce3H[(OH)2/SiO4/SiO7] ; in realtà la Cerite è sovente ibridata con terre rare alla stessa stregua della Monazite, ed oltre al Lantanio contiene vari isotopi radioattivi , che a cagione di una raffinazione imperfetta finiscono nell’impasto vetroso.
Incidentalmente, il Cerio – sotto forma di Ossido – si utilizza anche nel processo finale di lucidatura delle lenti come riempitivo di superficie, cioè come materiale rifrangente trasparente in pasta che ottura tutte le minuscole imperfezioni e cavità della superficie , fornendo un’ulteriore possibilità di contaminazione.
Infine, l’URANIO non ha bisogno di presentazioni : i suoi isotopi sono altamente radioattivi; suona paradossale, ma pare che sia stato utilizzato come componente di trattamenti
antiriflesso su certi obiettivi !
Riassumendo, possiamo dire che la radioattività dei vetri impiegati non è perseguita od accettata in maniera cosciente dai costruttori ; se vogliamo, si tratta più di effetti collaterali indesiderati che sfuggono al controllo : nel caso del Torio, la raffinazione lo priva di isotopi pericolosi ed esso all’origine emette blandamente solo particelle Alfa ; successivamente il suo decadimento combinato all’interazione con altre terre rare presenti nell’impasto come impurità comporta un escalation dell’emissione con comparsa anche di Beta e Gamma, queste ultime molto pericolose e penetrative, alla stregua degli affini raggi X ; nel caso di Lantanio e Cerio, invece, si tratta di una imperfetta estrazione e raffinazione dei materiali dai minerali d’origine che contengono anche isotopi radioattivi i quali finiscono per negligenza nell’impasto.
Esaurito questo briefing introduttivo passiamo ad analizzare gli obiettivi che possono fregiarsi del sinistro appellativo di “HOT” .
Come già accennato, i più famosi obiettivi di questa categoria sono gli Aero-Ektar , progettati da Kodak al culmine della sua parabola evolutiva come industria ottica; in realtà esiste una nutrita generazione di Ektars sviluppata prima e dopo la guerra e destinata a coprire tutti i formati dal 24x36 ad autentici lenzuoli come il 9x18” (23x46 cm !) , e vi sono testimonianze di Ektar 7” terrestri attivi al geiger ; tuttavia i più noti sono i modelli Aero-Ektar 6” (152 mm) f/2,5, Aero-Ektar 7" (178mm) f/2,5 , Aero-Ektar 12” (305mm) f/2,5 ed Aero-Ektar 24” (610mm) f/6.
E’ curioso notare come quest’ultimo mastodontico obiettivo sia più noto che reperibile, dato che si tratta di ottiche nate per l’aerofotogrammetria diurna e la foto/aerofotografia notturna in luce flash ed in luce flash IR , quindi prodotti in numero ridotto di esemplari , ben pochi dei quali – terminato il servizio attivo – sono finiti nelle comuni catene di vendita .
Questo bel pezzo di vetro fu prodotto nel 1945 per scopi di ricognizione ben tristemente immaginabili e la sua denominazione ufficiale sul barilotto è Kodak Aero-Ektar F 6.0 24in. 610mm 9x18 ER225 made in U.S.A. by Eastman Kodak ; la sua radioattività è senz’altro legata all’uso di Torio nell’ultimo vetro del doppietto posteriore (schema tipo Tessar) , come confermato dall’ingiallimento della lente.
Infatti uno dei marker più evidenti ed inequivocabili della presenza di vetri al Torio è proprio la loro tendenza , dopo alcuni lustri , ad acquisire autonomamente una forte colorazione gialla , giallo-verde, o addirittura marrone-caldo ; questo fenomeno è dovuto al decadimento del Torio in interazione con le altre terre rare non ben raffinate presenti nel vetro ; rammento che – sebbene il tempo di decadimento al 50% del Torio si misuri in tempi geologici, questa forma di decadimento ed interazione iniziale con gli isotopi spuri inizia dopo solo 6 anni e si stabilizza intorno ai 15.
Il British Journal of Photography testò un 24” f/6 ottenendo una lettura di 850 counts/sec per la somma di radiazioni Beta+Gamma e di 320 per la sola emissione Gamma ; infatti gli isotopi legati al decadimento a breve tempo del Torio emettono quasi esclusivamente particelle Gamma, le più pericolose.
Alcuni utenti che l’hanno “fortunosamente” (?) acquistato per adattarlo in proiezione, hanno poi rilevato che la lettura del geiger non scemava neppure interponendo uno schermo costituito da 2,5cm di perspex + 3mm di acciaio, ed il geiger crepitava ancora allegramente a quasi 2 metri di distanza….
E’ stato riportato che anche uno Jena Pancolar 50mm f/1,8 ha manifestato l’ingiallimento del gruppo ottico (una lente nella parte posteriore del Gauss), ed è ipotizzabile una contaminazione da Torio, anche se nessuna lettura è stata effettuata; naturalmente osservando il blend cromatico delle lenti contro un foglio bianco di riscontro occorre saper distinguere l’ingiallimento dovuto invece al naturale invecchiamento del balsamo de Canada o di altri leganti organici impiegati prima dell’era dei collanti epossidici e metacrilici polimerizzati ad UV.
Un capitolo importante di questa saga lo firma nientemeno che Leitz Wetzlar , ora Leica Camera GmbH ; sono consistenti e ripetutamente confermate le testimonianze di vecchi obiettivi Leitz capaci di risvegliare il Geiger ; il management ha per anni tenacemente negato l’evidenza, poi si è arreso ed ha ammesso il fatto.
Leitz fu una pioniera nell’utilizzo esteso di vetri al Lantanio ad alto indice di rifrazione/bassa dispersione, necessari per soddisfare i consueti, altissimi standard qualitativi della Casa ; a partire dagli anni ’50 fu un fiorire di progetti ottici arricchiti da questi nuovi vetri .
Vorrei aprire una parentesi per una doverosa premessa : la radioattività nei vetri al Lantanio è dovuta alla presenza di isotopi spuri dovuti alla cattiva raffinazione del Lantanio stesso dalla Monazite d’origine che li conteneva ; corollario immediato, non è detto che tutti gli esemplari prodotti di un certo obiettivo “hot” lo siano allo stesso modo : in realtà vi sono variabili legate all’origine delle terre rare, ai vari lotti di produzione e a più o meno stringenti specifiche di qualità nella raffinazione .
E’ certamente possibile che certi esemplari di un obiettivo siano radioattivi ed altri – identici – non lo siano affatto, semplicemente perché un nuovo lotto di terre rare acquisite dalla vetreria è di migliore qualità e raffinato completamente dagli isotopi radioattivi.
Un avvallo concreto di questa tesi ci è fornito dal più vecchio obiettivo Leitz risultato radioattivo: il primo Summicron 50mm f/2 LSM (Leica Screw Mount, passo a vite 39x1) ; come specificato altrove, nel suo schema fu applicato per la prima volta da Leitz – nel 1953 – il vetro Crown al Lantanio LaK9 nella prima, la terza e la sesta delle sue sette lenti, schema complesso ed innovativo che subito si meritò un’allure d’eccellenza ; test sul campo in condizioni di utilizzo reali effettuati da personale della Polyphoto hanno dimostrato che questa prima versione ha ben poco da invidiare al Summicron 50mm f/2 di attuale produzione, se vogliamo eccettuare un contrasto leggermente inferiore (a causa di due passaggi ad aria in più ed all’antiriflesso primitivo) ed un leggero coma ai diaframmi più aperti.
Ebbene, si è rilevato che i primi Summicron 50mm f/2 rientranti, prodotti attorno alla matricola 1.000.000 (quasi tutti appena al di sotto) presentano una decisa radioattività della lente anteriore , misurabile nell’ordine degli 1,5 milliRem/h ; per riferimento, 20 mR/h è la soglia quotidiana ammessa (come somma di esposizione su tutto il corpo) per chi lavora in ambiente nucleare negli States ; altre fonti tracciano 5 Rem come la soglia tollerabile di esposizione sull’intero campo della vita .
Due rapidi calcoli : 5000 mR ( cioè 5 Rem) suddivisi per 1,5 mR/h ci danno un’esposizione di 3333,3 ore , pari a poco meno di 139 giorni ; in poche parole, con circa quattro mesi e mezzo di contatto ravvicinato con uno di questi Summicron ( ipotesi non remotissima conoscendo l’amore feticistico dei Leicisti per le loro ottiche…) avreste assorbito la quantità ammessa per un’intera esistenza !
Solo gli obiettivi Summicron 50/2 prodotti in quest’ambito di matricole sono radioattivi, presentando altresì il famoso ingiallimento della lente anteriore, marker indelebile della presenza di isotopi di Torio in decadimento ; la ragione di tale emissione si può spiegare aprendo una finestra sui momenti finali della messa a punto del suo calcolo ottico : anno 1949 , fase terminale nella definizione dei prototipi ; la Leitz - messo a punto uno schema ormai definitivo con due lenti anteriori leggermente spaziate ad aria , cercò di ridurre al minimo possibile la distanza fra questi due elementi per minimizzare certe aberrazioni ; questo richiedeva un vetro ottico ad alto indice di rifrazione che non era disponibile nella gamma Schott ( la vetreria che forniva il materiale ) , sicchè la Leitz si rivolse alla Chance Brothers , in Inghilterra , che mise a disposizione il suo vetro SBC caratterizzato dal necessario indice di rifrazione , esattamente 1,691 ( ringrazio sentitamente Erwin Puts , guru di fama mondiale riguardo alla progettazione ed alla valutazione degli obiettivi per questa preziosa informazione).
Purtroppo , a quei tempi, per ottenere questo valore non si era trovato altro modo che additivare l'amalgama vetrosa con l'ossido di Torio , da cui l'emissione piuttosto importante legata al suo decadimento ; in una fase successiva, nel 1954 , la Leitz congiuntamente alla vetreria Schott elaborarono il famoso vetro al Lantanio LAK9 , dotato di rifrazione parimenti elevata ma privo di isotopi radiottivi ; questo materiale fu prontamente applicato alla formula Summicron 50/2 , eliminando il problema ; per inciso, questo vetro è anche molto tenero: è proverbiale la tendenza del Summicron a rigare con facilità la lente anteriore, come molti esemplari così conciati confermano.
Infine, all’inizio della produzione furono realizzati anche pochi, rari esemplari in montatura rigida non rientrante, ed è possibile che anche questi abbiano la famosa lente al Torio.
Un altro obiettivo Leica che è stato misurato con emissioni analoghe – 1,5 mR/h – è il Summicron-M 35mm f/2 made in Canada , anche se non è stata specificata quale versione; questo fortunato obiettivo è stato prodotto – infatti – a partire dal 1958 con 4 differenti formule ottiche , ad 8 , 6 , 7 lenti ed infine l’Aspherical ; le prime tre sono state prodotte in Canada e non abbiamo maggiori riferimenti per indicare quale sia il modello incriminato; quello che è certo è l’utilizzo di vetri al Lantanio ad alta rifrazione in tutti e tre i modelli, così come nel precedente Summaron 35mm f/2,8 ed anche nel primo Summilux-M 35mm f/1,4; non è da escludere che lotti scadenti di terre rare siano risultati contaminati da Torio e che sporadicamente alcuni di questi obiettivi diano letture apprezzabili.
Vorrei tratteggiare un veloce excursus sull’epopea della Leitz Canada, Midland, Ontario , emanazione della Leitz Wetzlar ora non più attiva ( lo stabilimento fu ceduto, credo alla Hughes Aircraft Co.) ; questa coraggiosa avventura fu intrapresa per superare le imposte doganali fortemente protezionistiche all’importazione negli States, che penalizzavano troppo la competitività commerciale della Leitz , dazi che erano molto meno gravosi, invece, per il Made in Canada, grazie ad un accordo fra i due Governi.
La Leitz creò un potente polo tecnologico e produttivo nello stato dell’Ontario, con immense vetrerie i cui forni eruttavano ingenti quantità di vetri ottici dalle caratteristiche innovative ; in una certa fase quasi tutta la produzione ed anche la progettazione Leitz dipendeva dal polo canadese ; nelle corte e fredde giornate di quelle latitudini settentrionali brillò sempre più fulgida la stella di un vero genio dell’ottica, uno dei pochi che hanno condizionato col loro estro l’evoluzione dell’ottica moderna: Walther Mandler.
Egli, attorniato da uno stuolo di fidi collaboratori, progettò la maggior parte delle ottiche Leitz dei decenni ’50-’60-’70 , sondando tutte le possibilità teoriche ai limiti del possibile e pungolando i chimici delle vetrerie a creare vetri ad altissima rifrazione e bassa dispersione, necessari per i suoi nuovi schemi ; è possibile che per assecondare le richieste del grande progettista si sia fatto largo impiego di terre rare, col conseguente alto rischio di contaminazione da isotopi radioattivi affini.
Un altro grande fabbricante nella “schiera dei cattivi” è Voigtlander, incuneato come colonna vertebrale nell’operosa Brauschweig ; tale costruttore è noto per i prodotti di altissima qualità ottica e meccanica ed anche per un radicato conservatorismo tecnico ; in pratica le tre colonne portanti dell’ottica Voigtlander di questo secolo, - Skopar, Heliar ed Apo-Lanthar – si basano sul Tessar , puro a quattro lenti (Skopar) o con la lente anteriore sdoppiata incollata e quindi a 5 lenti complessive (Heliar ed Apo-Lanthar). Per raggiungere le alte luminosità proposte (notevole il vecchio Heliar 300mm f/4,5 per banco ottico) e la correzione delle aberrazioni ottiche – specie la cromatica – tipiche della sua celebre produzione , Voigtlander non si fece scrupolo di utilizzare vetri speciali alle terre rare con alta rifrazione e bassa dispersione, tali da migliorare in maniera drammatica le oneste prestazioni dello schema base ; addirittura si realizzarono process lenses, cioè ottiche da reprografia ed arti grafiche – denominate Apo-Skopar – basandosi sul semplice schema Apo-Lanthar a 5 lenti ( doppietto anteriore, menisco biconcavo centrale e doppietto posteriore ) , struttura di per sè insufficiente ad ottenere le adeguate correzioni da coma, aberrazione sferica e cromatica senza l’impiego di vetri dalle caratteristiche inusitate; invece vide la luce una gamma di Apo-Skopar che, dalle focali minori si spingeva fino ad un massiccio 450mm f/8.
Come nei casi precedenti, il Lantanio impiegato era spesso legato ad isotopi sfuggiti alla raffinazione, quando il Torio non veniva addirittura impiegato appositamente ; il risultato è che molti Apo-Lanthar ed Apo-Skopar sono radioattivi , presentando altresì la classica colorazione giallo-bruna del Torio che interagisce con altri isotopi spuri ; non è escluso che altre ottiche che utilizzavano il Lantanio, come il Color-Skopar, l’Heliar ed il Lanthar possano occasionalmente risultare “hot” per l’impiego di partite di terre rare contaminate.
Un altro obiettivo radioattivo di Voigtlander è il celebre Nokton 50mm f/1,5 per il modello Prominent : anch’esso presenta sovente un viraggio giallo-marrone su alcune lenti e tassi rilevabili di radioattività ; certi maligni suppongono che il doppio otturatore della Prominent sia stato progettato proprio per evitare il “fogging” della pellicola da parte delle emissioni Beta (le Alfa non sono abbastanza penetrative, le Gamma, sia pure più pericolose agiscono a distanza maggiore) ; dunque il costruttore sapeva, e taceva…
Nulla da dire invece sulle prestazioni fotografiche, davvero eccellenti ; fu l’unico a rivaleggiare con lo straordinario Sonnar 50mm f/1,5 di Bertele per Contax RF.
In casa Canon è certamente “hot” il normale per la reflex Canon Pellix , il 58mm f/1,2 ; tale fotocamera a specchio fisso semiriflettente, infatti, deviava circa uno stop della luce indirizzata alla pellicola verso mirino reflex, ed occorreva compensare con un’ottica superluminosa, impresa non facile in quei tempi, con l’aggravante della visione reflex e dell’aumentato spazio retrofocale (forse la focale 58mm in luogo dei consueti 50 serviva allo scopo) , da cui l’impiego di vetri con alta percentuale di Lantanio per aumentare l’indice di rifrazione e minimizzare l’aberrazione sferica, tipico difetto di tali obiettivi di grande apertura.
Il famoso “dream-lens” Canon 50mm f/0,95 del 1961 ha schema simile ed incorpora vetri ad altissima rifrazione al Lantanio, scelti come compromesso per ridurre in parte l’aberrazione sferica, dato che una lente asferica di tale diametro lavorata dal pieno sul vetro - a quei tempi - sarebbe stata di costo eccessivo (diametro filtri 72mm…) : è quindi lecito sospettare; io ne possiedo uno che fornisce letture superiori al background . Altro Canon noto per queste caratteristiche è l’FD 35mm f/2 breech-lock primo tipo (baionetta anteriore cromata, lente anteriore concava) .
Si vocifera che l’ultima produzione Ucraina della Kiev faccia uso di vetri , per così dire, “scottanti” , ma non è specificato null’altro.
Infine, Pentax : è noto che il primo SMC Takumar 50mm f/1,4 a vite 42x1 era radioattivo nella parte posteriore ; una fonte ascrive la causa del fenomeno nientemeno che alla presenza di Uranio nell’antiriflessi dell’ultima lente (?!?) .
La radioattività dell’ottica era comunque onestamente ammessa dalla stessa Asahi Optical Co. , la quale consigliava di non portare a lungo addosso la Sportmatic col 50/1,4 montato e di non lasciare a lungo lo stesso obiettivo avvitato con pellicola in macchina !
Riguardo all’antiriflessi radioattivo, giova rammentare che l’SMC era una tecnologia non originale Asahi, che l’acquistò in blocco a suon di Dollari dagli States ; non ci è dato di sapere per cosa fosse stata sviluppata in origine, ma è certo che era straordinariamente avanzata per l’epoca, e quindi si può supporre qualche iniziale “forzatura del sistema” (vedi Uranio) per conseguire l’ottimo risultato ; Asahi la utilizzò prima nei sistemi ottici dei laser medicali, e successivamente nei suoi celeberrimi SMC.
Questo è quanto ci è dato di sapere ; tuttavia ho voluto approfondire ulteriormente l’argomento aggiungendo qualcosa di inedito e personale : mi sono accostato col dosimetro ex-sovietico modello 104 alla mia dotazione personale di obiettivi testando quelli che a mio parere – conoscendo schemi ottici e caratteristiche dei vetri – potevano risultare sospetti.
Data la moderata rigorosità del sistema, non fornirò valori assoluti, ma relativi ; dando come assodata una lettura del background di fondo pari a 178 , ecco cosa ho rilevato testando molti obiettivi del mio parco ottiche :
Angenieux AF 28-70/2,6 : 189
Canon RF 50/0,95 : 202 (front) 225 (rear)
Canon FD 50/1,2 L : 209 (front) 228 (rear)
Canon FD 50/1,8 BL : 196
Canon FD 50/1,8 new : 191
Canon FD 50/3,5 macro : 180
Canon FD 17/4 : 178
Canon FD 20-35/3,5 L : 235 (front) 205 (rear)
Canon FD 35-70/2,8-3,5 : 178
Canon FD 35/2,8 bellows micro : 190
Canon FD 24/1,4 L : 220 (front) 215 (rear)
Canon FD 85/1,2 L : 233
Canon FD 200/1,8 L : 275
Nikkor AiS 15/3,5 : 187
Nikkor AF 16/2,8 D : 185
Nikkor AFS 17-35/2,8 ED : 214 (rear)
Nikkor AiS 20/2,8 : 194
Nikkor-O 2,1cm f/4 : 199
Nikkor AF 24-120/3,5-5,6 D : 214
Nikkor Ai 25-50/4 : 231
Nikkor AF 28/1,4 D : 225 (front) 215 (rear)
Nikkor Ai 28/2 : 211
Nikkor 28/2,8 (Nikon 28Ti) : 221
Nikkor AiS 28/2,8 : 178
Nikkor F 28/3,5 : 178
Nikkor PC 28/3,5 : 190
Nikkor F 35/2 : 229
Nikkor AiS 35/1,4 : 198 (front) 210 (rear)
Nikkor F 43-86/3,5 : 192
Nikkor F GN 45/2,8 : 178
Nikkor Ai 50/2 : 178
Nikkor AiS 50/1,8 : 178
Nikkor F 50/1,4 S : 178
Nikkor F 50/1,4 SC : 192 (front) 200 (rear)
Nikkor AF 50/1,4 : 191 (rear) 178 (front)
Nikkor F Micro 55/3,5 : 178
Nikkor Ai MIcro 55/3,5 : 191
Nikkor AiS Micro 55/2,8 : 178
Nikkor Ultra-Micro 55/2 : 212 (front) 204 (rear)
Nikkor AiS NOCT 58/1,2 : 211 (front) 183 (rear)
Nikkor AF Micro 60/2,8 : 199
Nikkor AF 85/1,8 : 178
Nikkor AiS 85/1,4 : 221
Nikkor AiS 105/1,8 : 211
Nikkor Ai 105/4 micro: 197
Nikkor AiS 180/2,8 ED : 250
Nikkor AF 80-200/2,8 D : 258
Nikkor AF VR 80-400/4,5-5,6 ED : 268
Nikkor F 200/4 : 246 (front) 194 (rear)
Nikkor AiS Micro 200/4 : 288
Nikkor Medical 200/5,6 : 245
Nikkor lenti addizionali Medical 200/5,6 : 224
Nikkor AF 300/2,8 ED : 322
Nikkor Reflex 500/8 new : 216
Nikon TC-301 (moltiplicatore 2x) : 218
Leica Elmarit-R 19/2,8 1° tipo: 181
Leica Elmarit-M 21/2,8 : 178
Leica Elmarit-M 28/2,8 1° tipo (9 lenti 1964) : 247
Leica Summicron-M 35/2 3^ serie (7 lenti) Germany : 185 (front) 199 (rear)
Leica Summilux-M 35/1,4 Aspherical 1° tipo : 202 (front) 197 (rear)
Leica Elmarit-R 35/2,8 2° tipo : 187
Leica Macro-Elmarit-R 60/2,8 : 189
Leica Noctilux-M 50/1,0 : 200
Leica Summicron-M 50/2 attuale : 189
Leica Elmar-M 50/2,8 new : 187
Leica Elmar 39x1 50/2,8 1960 : 181
Leica Elmar 39x1 50/3,5 1950 : 193
Leica Summilux-M 75/1,4 : 183
Leica Elmarit-M 90/2,8 new : 185
Leica Apo-Macro-Elmarit-R 100/2,8 : 179
Leica Tele-Elmar-M 135/4 : 201
Leica Apo-Telyt-R 180/3,4 : 190 (front) 181 (rear)
Leica Focotar 50/4,5 : 188
Leica Colorplan Germany 90/2,5 (24x36 proiettore CA2500) : 238
Leica Elmaron 150/2,8 (6x6 proiettore Prado 66) : 222
Rollei Heidosmat 150/2,8 (6x6 proiettore P11) : 228
Pentax SMC KM 28/3,5 : 193
Pentax SMC KM 35/2 : 197
Pentax SMC KM 40-80/2,8-4 : 178
Pentax SMC KM 100/2,8 : 184
Pentax SMC KM 200/4 : 227
Pentax SMC KM 50/1,7 : 213 (front) 217 (rear)
Pentax SMC 645 A 35/3,5 : 178
Pentax SMC 645 FA 45-85/4,5 : 180
Pentax SMC 645 75/2,8 LS : 181 (front) 224 (rear)
Pentax SMC 645 FA 120/4 : 181 (front) 178 (rear)
Fujinon SF 180/5,6 (4x5”) : 192 (front) 179 (rear)
Nikkor SW 75/4,5 (4x5“) : 232
Rodenstock Apo-Ronar 240/9 (4x5“) : 199
Rodenstock Sironar-N 150/5,6 (4x5“) : 188
Schneider Angulon 90/6,8 (4x5“) : 178
Nikkor EL 50/2,8 new : 215
Rodenstock Rodagon 50/2,8 : 226
Rodenstock Rodagon 80/4 : 220
Pentax Neonon 80/5,6 : 220
Schneider Componon-S 100/5,6 : 194
Rodenstock Rodagon 150/5,6 :
Voigtlander-Cosina 12/5,6 : 202
Voigtlander Color-Skopar 50/2,8 1959 : 184
Zeiss Contax 18/4 Germany : 182
Zeiss Contax 28/2 Germany : 179
Zeiss Contax 35-70/3,4 : 185
Zeiss Contax 45/2,8 : 182
Zeiss Contax 50/1,4 : 193 (front) 214 (rear)
Zeiss Contax S-60/2,8 Germany : 178
Zeiss Contax 85/1,4 Germany : 187 (front) 178 (rear)
Zeiss Contax 100/3,5 : 193
Zeiss Contarex 21/4,5 : 183
Zeiss Contarex 25/2,8 : 178
Zeiss Contarex 35/2 : 200
Zeiss Contarex 50/2 : 186 (front) 178 (rear)
Zeiss Contarex 50/2,8 : 202 (front) 201 (rear)
Zeiss Contarex 85/2 cromo 1959 : 186 (front) 197 (rear)
Zeiss Contarex 135/2,8 : 178
Zeiss Hasselblad 38/4,5 : 236
Zeiss Hasselblad 50/4 FLE : 194
Zeiss Hasselblad Planar 80/2,8 C cromo T* : 193
Zeiss Hasselblad Makro 120/4 : 178
Zeiss Hasselblad 150/4 cromo 1962 mat. 3.469.801 : 474 (front) 638 (rear)
Zeiss Icarex 50/2,8 : 178
Zeiss Rolleiflex 75/3,5 : 195
Zeiss Rollei 40/3,5 : 181
Zeiss S-Planar 120/5,6 : 208
Kiev Volna-9 50/2,8 :182
Kiev Industar-L-3 50/2,8 : 178
Zenith Zenitar 16/2,8 : 178
Zenith Helios-40-2 85/1,5 : 219
Zenith MTO 1100/10,5 : 281
Horizon 202 28/2,8 : 184
Nuarc process lens 8 1/4” (210mm) f/8 : 204 (front) 178 (rear)
Cosa si evince da queste letture ? innanzitutto , come potete rilevare, la stragrande maggioranza delle ottiche misurate non si discosta dal background di fondo, quindi come regola generale possiamo dormire sonni tranquilli ; l’obiettivo risultato più attivo è un vecchio Zeiss Sonnar per Hasselblad, un 150mm f/4 C cromato non T* di circa 40 anni fa, che ha presentato sulla parte posteriore un dato circa 3,6 volte superiore al background di fondo ; si tratta comunque di valori poco rilevanti ; incidentalmente, tale obiettivo è superbo! Ho utilizzato altri due 150mm f/4 Sonnar , fra cui un CF nuovo ed anche il Sonnar 180mm f/4 CF, ma questo anziano esemplare me li ha fatti rivendere tutti, forse perché le sue lenti….
In seconda battuta, si diversificano due grandi scuole attive nell’impiego di vetri a bassa dispersione/alta rifrazione: da una parte Leica ha abbandonato l’utilizzo di Torio e Lantanio ibridato, e nei suoi obiettivi Apo ha puntato su vetri al fosfato di Fluoro , ottenendo caratteristiche ottiche simili alla Fluorite (dispersione quasi nulla) senza incorrere in rischi di contaminazione radioattiva ; la prova vivente sono il 100mm f/2,8 Apo-Marco-R ed il 180mm f/3,4 Apo-R , per i quali ho rilevato radioattività zero, virtualmente pari al background, nonostante l’eccelsa correzione apocromatica di questi gioielli e l’utilizzo di due vetri ,
rispettivamente il 598671 ed il 554666 dotati del numero di Abbe fra i più elevati mai raggiunto (67,1 e 66,6) .
Il vetro 554666 fu richiesto da Mandler in persona durante le fasi top secret del progetto per la U.S. Navy che sarebbe poi sfociato nell’Apo-Telyt-R 180mm f/3,4 civile del 1975: le caratteristiche ottiche imposte dalla Marina Americana erano così elevate che il computer di calcolo sfornò uno schema ottico che richiedeva un vetro di queste caratteristiche, teoricamente concepito ma che non esisteva ancora; occorsero tre anni di ricerche alla vetreria della Leitz Canada per trasformare questo vetro in realtà e terminare finalmente la commessa; una lunga attesa, ma , alla luce dei risultati, ne è valsa la pena.
Dall’altra parte i costruttori giapponesi, come Canon e Nikon , per i loro vetri speciali UD ed ED impiegano evidentemente ancora Lantanio e terre rare non perfettamente raffinate ; infatti ho rilevato i valori più alti sulla lente anteriore di due tele apocromatici superluminosi, il Canon 200/1,8 FD-L ed il Nikon 300/2,8 AF-ED ( discorso diverso per i Canon Fluorite, le cui lenti in fluoruro di Calcio cristallizzato artificialmente sono assolutamente prive di emissioni ) ; la conferma viene dal test su altri obiettivi Nikkor ED, tutti abbondantemente sopra la soglia di background.
Tutti i tele Nikkor visionati, compresi Micro. Medical e vecchi modelli F, hanno comunque una radioattività apprezzabilmente superiore alla soglia di fondo, sintomo che per ottenere la necessaria riduzione dell’aberrazione cromatica, la Nippon Kogaku – ora Nikon Co. – utilizzava vetri a dispersione ridotta additivati con terre rare non perfettamente raffinate dagli isotopi estranei.
E’ interessante notare come due obiettivi che impiegano vetro al Lantanio uguale o simile a quello del Summicron 50mm f/2 39x1 incriminato – ovvero l’Elmar 39x1 50mm f/2,8 rientrante ed il Noctilux-M 50mm f/1,0 – presentino invece tassi di radioattività praticamente nulli, dimostrazione del fatto che se il Lantanio è ben raffinato non emette radiazioni.
Stesso discorso per un Summicron-M 35mm f/2, Germany cromato ,ma identico al modello Canada 3^ serie a 7 lenti : emissioni zero (so però che ora la Leica , sfruttando gli agganci della defunta Leitz Canada , acquista materiale presso grosse vetrerie americane, mentre in precedenza la Schott era fornitrice primaria ; forse nei vetri di origine americana le terre rare sono più pure ?).
Una nota di contorno : non ci sono soltanto additivi radioattivi nel vetro, ma anche sostanze semplicemente non ecologiche, potenzialmente inquinanti (anche se dubito che qualcuno getterà mai in un fosso il suo Elmarit-M a biodegradarsi sulla terra nuda…) , come l’ossido di Piombo (quello dei cristalli di casa) , sovente addizionato ai vetri al Lantanio perché questo elemento eleva sì le caratteristiche ottiche del vetro stesso, ma lo rende leggermente opaco, e qui entra in gioco l’ossido di Piombo per restituire brillantezza.
Ultimamente le grandi Case, forse più per questioni di immagine che per reale coscienza ecologica, hanno sbandierato l’eliminazione dei materiali inquinanti dal vetro utilizzato; un esempio è il famoso Zeiss Biogon 38mm f/4,5 (anche leggermente hot alle mie misurazioni) , che nell’ultima versione viene prodotto con vetri Lead-free ; dato che lo schema ottico è virtualmente identico - e quest’ultimo vive invece un feedback strettissimo con le caratteristiche del vetro -, mi incuriosiva sapere come fosse stata mantenuta identica resa a parità di schema ottico e forma di ogni singola lente introducendo variabili nella chimica (e quindi fisica) dei vetri…infatti, nuove letture MTF ufficialmente diffuse dalla Zeiss rivelano un avvertibile flessione a diaframma chiuso rispetto al vecchio modello, specie al centro; morale:
mi tengo il mio vecchio Biogon C-T* vecchio di 25 anni…
Incidentalmente, è stato riportato che materiali speciali potenzialmente contaminati con elementi radioattivi sono stati impiegati anche per realizzare filtri colorati ; ho selezionato un gruppo di filtri dalla mia dotazione ed ho effettuato una rilevazione simile a quella messa in atto con gli obiettivi ; a seguire le letture, considerando sempre un background di 178:
Zenith filtro ARANCIO 120x1 da Zenith MTO 1100/10,5 : 389
Zenith filtro VERDE medio 120x1 da Zenith MTO 1100/10,5 : 260
Zenith filtro GIALLO SCURO 67x0,75 da Zenith Helios 85/1,5 : 275
B+W filtro ROSSO SCURISSIMO (IR) 55x0,75 cromato anni ’70 : 291
B+W filtro KR 1,5 cromato 55x0,75 anni ’60 : 245
Hoya filtro ROSSO SCURO R25 77x0,75 anno 2002 : 413
Rollei filtro INFRAROT (grigio opaco) gr II anni ’60 : 312
Rollei filtro HELLROT (rosso scuro) gr II anni ’60 : 333
Rollei filtro GRUN (verde medio) gr II anni ’60 : 220
Rollei filtro H-1 (UV) gr II anni ’60 : 213
Nikon POLARIZZATORE CIRCOLARE 52x0,75 anni ’70 : 227
Nikon GIALLO SCURO Y52 52x0,75 : 298
Nikon ARANCIO OR56 39x0,75 : 204
Nikon ROSSO SCURO R60 52x0,75 : 269
Kilfitt ROSSO SCURO LW-3 serie VI (41,5mm) anni ’60 : 228
Zeiss Ikon ROSSO 349 A32 anni ’60 : 254
Come si evince, praticamente tutti danno letture apprezzabilmente superiori alla soglia di fondo , con un incremento costante nella direzione dei colori caldi, passando da UV a giallo , arancio e rosso, banda nel quale si è arrivati a valori più che doppi rispetto al background ; evidentemente i pigmenti necessari per colorare in pasta il vetro di arancio e rosso in modo omogeneo (e stabile nel tempo e all’esposizione solare) richiedono l’utilizzo di materiali leggermente radioattivi ; un dato apparentemente scollegato trova ora riscontri: per un certo periodo – di recente – erano quasi scomparsi dal mercato i filtri R25, rosso scuro ; forse i produttori cercavano di modificare gli impasti per risolvere il problema temendo norme e controlli sempre più restrittivi ? Obiettivo fallito comunque, dato che il filtro più “hot” è un’Hoya
R25 acquistato fresco di fabbrica a Giugno 2002…
Eventuali discrepanze nell’incremento sequenziale della radioattività rilevata nel passaggio dall’incolore al rosso sono legate al fatto che alcuni dei filtri monitorati sono minuscoli, mentre lo strumento di misura legge tramite due verghe di 7,5 cm poste all’estremità di un quadrato ideale di 7,5x7,5 cm , per cui solo la porzione di una verga era interessata alla lettura ; è possibile che l’emissione reale di tali filtri fosse maggiore.
In ogni caso, c’è quasi più da temere i filtri degli obiettivi stessi; amanti dell’IR e del bianconero ad alto contrasto: attenzione…
Infine, come rilevare facilmente se il nostro adorato obiettivo irradia qualcosa ?
Il sistema più semplice ed economico è quello di collocarlo in camera oscura sopra un pezzo di carta da stampa BN vergine, chiudendolo in un contenitore a tenuta di luce e lasciandolo in posizione
una settimana o più ; successivamente sviluppate a fondo la carta; se appare un alone circolare esposto in corrispondenza di dov’era l’obiettivo, l’ottica è hot ! Altrimenti potete posizionarlo su una piana Polaroid di alta sensibilità per alcuni giorni : stessa procedura e stessi effetti.
Vorrei terminare l’esposizione con un invito a considerare queste semplici indicazioni come un work in progress : vi esorto a contribuire con informazioni in vostro possesso che non siano quivi contenute, al fine di rendere sempre più completa la disquisizione su questo interessante argomento.
• UPGRADING 09/12/2004
Aggiungo al "famigerato" elenco di obiettivi hot alcuni datati esemplari per i quali è stata saltuariamente riportato l'ingiallimento delle lenti ed una emissione percettibilmente superiore al background: queste ottiche sono il Taylor-Hobson Cooke Apotal process lens 12" f/9 (per il quale si è registrata una emisione di 300 counts/sec costituita principalmente da Beta e raggi X), il famoso Rodenstock Weitwinkel Perigon 130mm f/12 (che rivaleggiava con l'Hypergon in angolo di campo), lo Schneider Repro-Claron 135mm f/9 ed il Takumar SMC 55mm f/1,8; pur senza rilevazioni strumentali si conferma il viraggio al giallo-bruno anche per il Carl Zeiss Jena Prakticar 50mm f/1,4 in baionetta B.
Consistenti e congruenti testimonianze chiamano in causa anche il celebre Canon FD 55/1,2 AL, l'antesignano della serie "L", lanciato nel 1971 e connotato da tre varianti accomunate dall'identico nocciolo ottico: a quanto pare la prima versione, riconoscibile per la baionetta anteriore di servizio cromata e per l'assenza di antiriflessi S.S.C., presenta in molti esemplari un marcato viraggio giallo-bruno che comporta addirittura una riduzione della luminosità effettiva T quantificabile in 1/3 di stop e financo 1/2 stop, su alcuni esemplari: anche in questo caso si sussurra di Torio; pare invece che le due versioni successive S.S.C AL del 1973 ed S.S.C. Aspherical del 1975 siano esenti dall'anomalia.
Fra i collezionisti Exakta si riporta sovente la leggera radioattività degli obiettivi Steinheil prodotti all'epoca per questa marca, con specifico riferimento al Quinon 55mm ed al Quinar 100mm.
Relativamente al già citato Zeiss Sonnar Hasselblad 150mm f/4 C cromato matricola 3.469.801- risultato particolarmente "hot" - recentemente l'ho ceduto sostituendolo con un Sonnar 150mm appartenente alla serie dotata di servomotore EE per l'automatismo sui tempi, realizzato a fine anni '70 (matricola speciale B 30.170) ma con stesso sistema ottico del
precedente; una verifica col dosimetro ha palesato emissioni zero, o meglio uguali al background; questo riscontro corrobora una mia supposizione di fondo: la casistica degli obiettivi hot è così articolata e trasversale in epoche e marche diverse ma comunque frammentaria, palesando come solo alcuni obiettivi di una stessa grande serie evidenzino emissioni quantificabili o viraggi cromatici alle lenti da farmi azzardare che nella maggioranza dei casi si tratti di temporanei "incidenti di percorso" legati ai famosi lotti di Lantanio involontariamente "drogati" da residui di Torio ed altri elementi radioattivi presenti nel
minerale grezzo d'origine, elementi spuri che - come accennato - è assai difficile eliminare dal Lantanio raffinato; del resto la stessa Schott & Genossen, in un recente catalogo dei suoi vetri ottici, orrettamente avvisa che per certe versioni non è tuttora possibile ridurre la quantità di Torio e/o suoi composti al di sotto dello 0,05%, ovvero mezzo grammo per chilo di impasto.
Naturalmente in altri casi il Torio è stato impiegato volontariamente e gli incauti ed avventati progettisti di questi esemplari sono naturalmente destinatari di tutta la mia riprovazione retroattiva.
• UPGRADING 16/02/2005
E' interessante riportare l'esperienza del grande Michael Briggs, astrofisico della NASA specializzato in radiazioni Gamma nonchè esperto cultore e collezionista di Kodak Aero-Ektar; la sua indagine si è rivolta principalmente al modello 7" (178mm) f/2,5 ma si basa su articoli, testimonianze e documenti tecnici originali dei tempi di guerra; il tutto conferma come il Torio presente negli Aero-Ektar fosse introdotto coscientemente, a ragion veduta: infatti il Torio è certamente uno dei 4 elementi radioattivi presenti non in traccia sul nostro pianeta (gli altri sono il Potassio-40, responsabile della radioattività basale dei corpi viventi e due isotopi di Uranio), tuttavia la quantità di Torio presente nei vetri degli Aero-Ektar è talmente elevata da escludere ogni casualità; specificamente, lo schema ottico degli Aero-Ektar 6", 7" e 12" f/2,5 è basato su un complesso schema Gauss tipo process-lens a 7 lenti in 4 gruppi, con due menischi collati ai lati del diaframma, una lente singola frontale ed un ulteriore menisco collato
nella parte posteriore, la cui sezione è del tutto simile a quella illustrata nella richiesta di brevetto americano n° 2.343.617 in data 8/10/1941 a firma di G. Aklin e relativa all'Aero-Ektar
4" (100mm) f/2,5; i vetri radioattivi sono rappresentati dai due elementi del primo doppietto posteriore, quello immediatamente adiacente al diaframma, il cui contenuto IN PESO di Torio è
rispettivamente dell' 11% e del 13% !
Fortunatamente la radioattività di questo doppietto è schermata in stato d'opera dall'ultimo menisco posteriore, composto da vetri neutri; infatti disassemblando l'Aero-Ektar 7" f/2,5 nei due componenti del Gauss, operazione facile che espone direttamente il menisco radioattivo, il contatore subisce una rapida impennata; anche dai riscontri di laboratorio è confermato che l'elemento radioattivo è proprio il Torio: l'analisi delle emissioni Gamma ha evidenziato il tipico potenziale di uno degli isotopi del Torio generati in stadio eccitato ed in rapido decadimento, specificamente il TALLIO-208 destinato a decadere nella forma stabile PIOMBO-208.
Il Torio possiede un "half decay" valutabile in 14 miliardi di anni, indice di una ridottissima emissione su unità di tempo che non crea alcuna preoccupazione, almeno finchè resta allo stato naturale; purtroppo nel suo decadimento in Piombo vengono rapidamente generati isotopi intermedi già - come accennato prima - in stadio eccitato che nel passaggio verso il ground stabile non emettono semplicemente Alfa e Beta, come il Torio, ma anche Gamma ed X, certamente più perniciosi; naturalmente la prova di evidenza è rappresentata dal solito ingiallimento delle lenti dovute all'interazione degli isotopi col vetro, che alcuni definiscono color marrone, altri color thè; incidentalmente pare che una forte e prolungata esposizione delle lenti a sorgenti ultraviolette od anche semplicemente alla forte luce solare (svariati giorni) serva efficacemente a sbiancare questo viraggio in maniera quasi completa, restituendo all'ottica il blend di colore e soprattutto la luminosità originale, sovente ridotta anche di uno stop da questo fenomeno; nella grande famiglia Kodak Ektar anche il Printing-Ektar 113mm f/9 presenta valori apprezzabili, a livello degli Aero-Ektar.
Un altro obiettivo risultati radioattivo appartiene alla famiglia Schneider Repro-Claron, già citata: il 305mm f/9 di metà anni '60 ha palesato una lettura di 15.000 counts al minuto (principalmente Gamma) contro un background di 40, evidenziando una presenza di Torio nell'ultima lente anteriore e posteriore pari a circa il 5%; i risultati della misurazione sono simili a quelli dell'Aero-Ektar 7" anche se la quantità di Torio presente in quest'ultimo è molto maggiore grazie alla schermatura introdotta dall'ultimo menisco, mentre nel Repro-Claron (che ha uno schema tipo Aviar a 4 lenti simmetriche spaziate ad aria) le lente radioattive sono quelle esterne, anteriore e posteriore (incidentalmente le brochure d'epoca relative a questa serie di obiettivi accennano a non meglio precisati "nuovi tipi di vetro"); nella stessa sessione
anche un coevo Rodenstock Isarex 135mm ha fornito un risultato di 600 counts/minuto.
Alcuni fotografi hanno riportato notizia di ingiallimenti sospetti in alcune vecchie versioni di ottiche Asahi per Pentax 6x7, specificamente i Takumar 6x7 105mm f/2,4 e 150mm f/2,8
mentre non vi sono segnalazioni per le più recenti versioni SMC 67.
Gli obiettivi radioattivi fra mito e realtà
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