La saga di SANTE: OTTICHE LEICA M

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Emilio Vendramin
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La saga di SANTE: OTTICHE LEICA M

Messaggio da Emilio Vendramin » gio gen 30, 2014 4:28 pm

testo di SANTE CASTIGNANI

Le ottiche M

Super Angulon 21mm f:4 ;
prodotto dal 1958 al 1963, primo esperimento di collaborazione con la Schneider; disponibile sia per macchine a vite che a baionetta; miracoloso per l'epoca, oggi non si può definire un obiettivo brillantissimo. Fatica nel risolvere i dettagli più fini, e nel mantenere una accettabile uniformità di campo; in più, soffre di una vignettatura estremamente pronunciata. Correttissima invece la distorsione.

Super Angulon 21/3,4;
prodotto dal 1963 al 1980, evoluzione del precedente f:4, ne migliora sensibilmente qualità ottiche e prestazioni, riducendo la vignettatura e aumentando la nitidezza. Peculiare la saturazione cromatica, a livelli tuttora difficili da battere.
Per gli utilizzatori affezionati a una certa estetica tradizionale dell'immagine, il Super Angulon mantiene tuttora una usabilità molto alta; in particolare questi ne apprezzeranno una scala tonale (nel BN) alla vecchia maniera, una totale assenza di distorsione, una resa ai diaframmi centrali assolutamente ottima, e non saranno probabilmente disturbati da un residuo di vignettatura tutt'altro che trascurabile.
Gli altri faranno bene a dare uno sguardo alle ottiche più giovani.


ELMARIT 21/2,8 ;
discendente della gloriosa stirpe dei Super Angulon, l'Elmarit 21/2,8 segna l'ingresso in prima persona della Leica in questa fascia di focali, precedentemente affidata alla Schneider. Tuttora degno del massimo rispetto (non sono pochi quelli che lo preferiscono all'asferico), l'obiettivo in questione esibisce una resa assolutamente soddisfacente sotto ogni punto di vista; lo schema ottico leggermente retrofocus fa lavorare le lenti a distanza di sicurezza anche per la vignettatura, assai contenuta. Magnifica resa cromatica, nitidezza ai margini molto soddisfacente chiudendo di un paio di stop. Resa molto ariosa e meno tagliente del suo successore; davvero un ottimo vetro.


ELMARIT 21/2,8 ASPH.;
non si rischia molto nell'affermare che si tratta del miglior 21mm di tutti i tempi. Resa esemplare per nitidezza (eccezionale su tutto il campo fin dalla T.A.), distorsione, contrasto, vignettatura. Probabilmente impossibile fare di meglio. Con tanta perfezione, scontate le accuse di essere un po' freddino: quando mai i primi della classe sono stati simpatici?)


ELMARIT 24/2,8 ASPH.
di nascita relativamente recente (1996), inaugura questa focale (molto amata dai fotografi di reportage) nel telemetro. Concepito già nell'era degli asferici, fa subito sensazione per la straordinaria correzione di tutte le aberrazioni. Nitidissimo su tutto il campo e a tutti i diaframmi, sfodera anche una resa cromatica molto piacevole, che alcuni preferiscono a quella del fratellone da 21mm. Nessuna distorsione visibile, vignettatura impercettibile; che cosa si potrebbe desiderare di più?


ELMARIT 28/2,8
prima versione, dal 1965 al 1972. Se pensiamo che questo progetto segue il vetusto Summaron 5,6, possiamo comprendere quale tuffo nel passato sia esaminare questa ottica. I segni del tempo si fanno vedere: nitidezza uniforme sul campo solo chiudendo due o tre stop, tracce di astigmatismo e coma alle massime aperture. Resa comunque ancora molto piacevole per gli amanti della tradizione. Non usabile su M5, CL, Epson RD1; lettura esposimetrica errata con le altre.


ELMARIT 28/2,8
seconda versione, dal 1972 al 1979;
Questa versione, ricalcolata e meno sporgente, può essere utilizzata senza alcun problema su tutte le macchine. Nuovo schema ottico, e prestazioni migliorate, anche se la resa dei 35 rimane visibilmente superiore per uniformità di resa e correzione delle varie aberrazioni.


ELMARIT 28/2,8
terza versione, 1979/1993
Altro giro, altra corsa. Nuovo schema, resa ancora migliorata. Non siamo ancora a livello Summicron 35, ma ci avviciniamo. Chiudere a 5,6 per resa uniforme su tutto il campo, non pretendere correzione perfetta di distorsione e altre aberrazioni (che comunque spariscono diaframmando, distorsione a parte), ma resa molto piacevole e tipicamente Leica secondo tradizione. Tuttora un ottimo acquisto, a un prezzo spesso ragionevole.


ELMARIT 28/2,8
quarta versione, dal 1993 al 2001;
Habemus papam. Finalmente, con questa versione, il 28M conquista una qualità ottica paragonabile ai 35mm, se non addirittura migliore. Senza lenti asferiche, raggiunge tuttavia una nitidezza eccellente su tutto il campo fin dalla massima apertura, limitando allo stesso tempo al minimo tutte le altre aberrazioni.
Resa brillante, nel solco delle ottiche di ultima generazione.

SUMMICRON 28/2 asph;
Il nuovo corso Leica si sostanzia nell'evoluzione ottica in oggetto, che aumenta allo stesso tempo luminosità e prestazioni (?). Il punto interrogativo non è per polemica, ma solo per l'altissima qualità della versione precedente, difficile da migliorare. Qualità tipicamente da Summicron asferico, con punte di nitidezza addirittura superiori al 35mm.
La resa brillante e incisiva genera immagini di altissimo dettaglio, cesellate con minuzia estrema. Saturazione molto elevata. Un poco di vignettatura ai diaframmi maggiori, distorsione nulla. Sicuramente il miglior 28 in circolazione.


SUMMARON 35/3,5
dal 1954 al 1960.
Ottica a sei lenti, prima evoluzione rispetto al vetusto Elmar a 4 lenti, che per un ventennio circa sottorappresentò la produzione Leica in questa focale così cruciale, il Summaron rappresentò un autentico balzo qualitativo in avanti. Le sue prestazioni, non disprezzabili neppure oggi, all'epoca rasentavano il massimo livello possibile. Dotato di buon contrasto (anche se oggi molti esemplari andrebbero puliti internamente per ricondurli agli antichi fasti), esibisce una nitidezza più che discreta ai diaframmi maggiori, e ottima a quelli centrali. Disponibile anche in versione con occhiali per M3, al modesto costo odierno può ancora equipaggiare degnamente e filologicamente (specie con il BN) una M2 o una M3.


SUMMARON 35/2,8
dal 1958 al 1974
Aggiornamento del vecchio 3,5, il Summaron 2,8 ne spinge sensibilmente in alto le prestazioni, grazie anche a vetri ricchi di lantanio, una terra rara che permette di ottenere mescole ad alto indice di rifrazione (e lenti conseguentemente meno curvate).
Tuttora un buon performer, il Summaron nuova versione è a tutti gli effetti un vice Summicron; meno nitido di quest'ultimo ai due diaframmi maggiori (specie ai margini), raggiunge una sostanziale parità da f:5,6 in poi, su un livello oggettivamente molto alto.


SUMMICRON 35/2
prima versione ad otto lenti.
La leggenda nasce nel 1958. Otto lenti a schema simmetrico di tipo Gauss, vetri arricchiti da terre rare, ed ecco sua maestà Summicron 35 insediarsi stabilmente su un trono che non ha più ceduto a tutt'oggi.
Finalmente la focale 35mm conquista con questo obiettivo dignità pari a quella dei vezzeggiati 50mm.
Straordinaria tridimensionalità, resa di tipo tradizionale, che gradisce un paio di stop di chiusura per raggiungere il massimo di nitidezza, colore saturo ma mai aggressivo.
Globalmente una spanna al di sopra del Summaron, e almeno un paio rispetto alla concorrenza.


SUMMICRON 35/2
seconda e terza versione;
Nel 1969, dopo undici anni di onorato servizio, lo schema a otto lenti del primo Summicron va in pensione, rimpiazzato da una versione alleggerita a sei lenti, sempre a schema Gauss simmetrico. La seconda e terza versione (rispettivamente dal n. 2.316.001 e dal 2.646.001) condividono ufficialmente lo stesso schema ottico. Tuttavia la resa cambia in modo molto evidente tra le prime generazioni e le ultime.
Più precisamente, nelle prime serie, le prestazioni lasciano piuttosto perplessi: da una qualità molto omogenea e sana del vecchio modello a otto lenti, si precipita a un livello sensibilmente più basso, in particolare per la correzione piuttosto approssimativa della curvatura di campo, con conseguente disomogeneità di resa tra le varie aree dell'immagine, specie alle aperture maggiori. Anche il contrasto non entusiasma, se non a partire dalla apertura di f:5,6, che per un Summicron è una bella sconfitta. Forse è con questo passo indietro che comincia a fiorire il tormentone dei leichisti: "era meglio il tipo precedente"...
Verso la matricola 2.600.000 circa, il brutto anatroccolo diventa cigno: le pecche vengono mondate, e l'obiettivo diviene di colpo uno dei più soddisfacenti e ricercati tra i 35mm. Tuttora amato da molti per le ridotte dimensioni, oltre che per la resa, il 35/2 terza versione vede negli ultimi anni una vera e propria corsa all'accaparramento, specie, appunto, nelle matricole più alte.


SUMMICRON 35/2
quarta serie.
A partire dal n. 2.874.251 il Summicron perde qualche grammo e acquista una lente, passando a sette. La resa ottica si avvantaggia di una minor vignettatura, mentre l'alleggerimento avviene a spese della parte meccanica, dove nella montatura fanno comparsa materiali sintetici (policarbonato rinforzato con fibra di carbonio). Purtroppo, come dicevano vecchi saggi contadini, "chi lascia la strada vecchia...", e gli innovativi e futuristici materiali si rivelano nel tempo poco resistenti: con l'andare degli anni la plastica cristallizza e diviene fragilissima, soggetta a incrinature e perfino fratture. Sconsiglio pertanto vivamente l'acquisto di obiettivi della quarta serie di prima generazione, a favore della versione successiva dove il peso passa da circa 150 a circa 200 grammi, pur mantenendo lo stesso numero di catalogo. Non conosco la matricola da cui avviene la transizione, anche se l'ultima serie made in Germany appartiene per intero a quella buona. Spesso ho consigliato di pesare l'obiettivo, unica verifica certa se non si è in grado di stabilire da altri piccoli elementi di quale serie sia.
Tornando alla resa ottica, il sette lenti (detto anche preasferico) è un obiettivo molto buono pur se non privo di qualche pecca: la resa ai margini è eccellente solo da f:4, e al centro da f:2,8. La tutta apertura la riserverei a casi di necessità, per il moderato contrasto e brillantezza. In alcuni test casarecci trovai migliore un vecchio esemplare canadese di un più moderno Germany. Da 2,8/4 in poi l'obiettivo esibisce comunque una resa molto piacevole, molto Leica, preferita da qualcuno al più secco e inciso asferico. Secondo il competentissimo Giuseppe Ciccarella, dai 3.300.000 circa di matricola lo schema viene rivisitato, con correzione quasi totale dell'aberrazione sferica, e resa conseguentemente molto migliorata.


SUMMICRON 35/2 Asph
versione attuale.
Il punto di approdo di mezzo secolo di ricerca Leica in questa focale. Virtualmente siamo alla perfezione assoluta, con una resa di altissimo livello su tutto il campo e a tutti i diaframmi; contrasto molto alto fin dalla tutta apertura, con tutto ciò che questo può comportare di buono e meno buono. Bokeh (resa dello sfuocato) talvolta meno piacevole rispetto ai non asferici, pur nella soggettività della valutazione di detta prerogativa. Brillantezza e incisione che possono apparire eccessive ai cultori della impronta tradizionale Leica, e che si traducono in immagini graffianti, secche, un poco urlate. Dimensioni più importanti rispetto ai predecessori, cosa che penalizza la portatilità tradizionale delle M equipaggiate con questa focale. Tuttavia, nonostante i piccoli nei che si possono via via ravvisare in questo obiettivo, non si può non restare ammirati del lavoro dei progettisti. Una pietra miliare.


SUMMILUX 35/1,4
prima versione.
Obiettivo leggendario, sia da vivo che da morto. Si tratta dell'ottica Leica rimasta in produzione per il maggior numero di anni, circa quaranta. Definito all'epoca, in modo colorito ma efficace, giant of light (gigante di luce, ma l'Italiano non rende giustizia all'espressione originale), il Summilux 35 porta per la prima volta la propria focale al risultato straordinario, per l'epoca, di f:1,4.
Piccolissimo, molto leggero, le sue performances hanno del miracoloso; quando le ottiche nipponiche di luminosità f:2 balbettavano appena, sfoggiando risultati grigi e smorti, il nostro sbaragliava la concorrenza con prestazioni che conservano tuttora una validità a prova di vecchiaia.
Nitidezza ottima al centro fin dalla massima apertura, e ai bordi a partire da f:4; contrasto ottimo fin da f:2,8; resa generale di primissimo livello da f:5,6 in poi, range in cui non teme confronti con il meno luminoso Summicron. Grinta e incisività elevatissime ai diaframmi centrali. Tra i difetti possiamo annoverare una vistosa vignettatura alle massime aperture, un fastidioso coma, e una sensibile aberrazione sferica; proprio quest'ultima è responsabile di una sorta di velo che copre tutta l'immagine alla massima apertura, e che dona a questo obiettivo l'aspetto pittorico e sognante che tanto può piacere (o meno); non credo di sbagliare molto definendolo un Noctilux in 35mm. Per contro si registra una totale assenza di flare, che lo rende particolarmente indicato per fotografia notturna, di teatro, di scena.
Impossibile trarre conclusioni oggettive: si tratta di un vetro che ammalia e delude allo stesso tempo, fa innamorare e arrabbiare, seduce e abbandona. Tante buone qualità e tanti difetti che il successore cancellerà di colpo: i difetti, soprattutto; ma anche qualche pregio che non smette di farsi rimpiangere...

SUMMILUX 35 1,4 ASFERICO
prima versione, con due superfici asferiche.
Intorno al 1989 la Leica annunciò l'intenzione di mettere in commercio una serie limitata di obiettivi asferici da 35mm 1,4; per assicurarsene uno, al prezzo annunciato di 4.500.000 lire, era necessario prenotarsi. Quantità prevista, se la memoria non mi inganna, duemila pezzi (ma poi la produzione aumentò fino ad esaurire tutte le prenotazioni). Siamo ancora nell'epoca in cui le lenti asferiche a Solms si facevano a mano, molando progressivamente la lente fino ad ottenere il profilo stabilito, con costi (e scarti) altissimi. Solo successivamente, e in particolare a partire dal 35/1,4 asferico attuale, la Leica brevettò il metodo tuttora utilizzato di iniettare il vetro ottico fuso in stampi ceramici ad altissima precisione, risparmiando tutta la fase di sbozzo delle lenti. Le prestazioni fecero sensazione. Tutti i difetti del predecessore scomparvero di colpo: coma, aberrazione sferica, vignettatura; tutto ciò rimaneva soltanto un lontano ricordo, per lasciare spazio a un vetro capace di lasciare a bocca aperta per trasparenza, plasticità, luminosità dell'immagine. Il primo vero obiettivo moderno della linea M.
Oramai entrato nel gotha dei pezzi più pregiati e ricercati del catalogo Leica, il Summilux asferico prima versione è anche protagonista di un culto specifico, dove chi lo ha provato lo definisce capace di una qualità di immagine sconosciuta al successivo modello (contraddicendo le affermazioni della Casa, che definiva i due obiettivi capaci di identiche prestazioni), in particolare per una maggior vicinanza al tradizionale spirito Leica, fatto anche di dolcezza e levigatezza, e non solo di correzione e perfezione ottica.


SUMMILUX 35/1,4 ASFERICO
versione attuale.
Al celebre e celebrato Summilux 35/1,4 con due superfici asferiche molate manualmente, seguì, agli albori degli anni '90, un vetro che inaugurava il nuovo corso Leica che vede l'utilizzo diffuso della tecnologia asferica. Ciò fu reso possibile da una nuova metodologia produttiva che prevede l'iniezione del vetro fuso in stampi ceramici di altissima precisione, così da modellare in modo automatico e ripetibile gli sbozzi delle lenti. Una lente asferica riduce enormemente il carico di aberrazioni connaturato ai grandangoli (che per natura utilizzano lenti molto curve, molto sferiche, appunto); è un rimedio infallibile contro distorsione, vignettatura, coma, curvatura di campo. In passato la Leica ne aveva fatto sempre uso parsimonioso per gli enormi costi di produzione, e pur essendo suo il primo obiettivo di serie asferico (il famoso Noctilux prima maniera), successivamente aveva cercato di superare i problemi di progettazione attraverso altre strade. Ma una volta superato l'ostacolo produttivo, ecco che una nuova era si apre all'ottica di consumo.
Il 35/1,4 asferico crea immediata sensazione. Risoluzione, brillantezza, incisione, tutti parametri straordinari fin dalla massima apertura. Distorsione perfettamente corretta, solo un residuo di vignettatura che non scompare completamente neanche ai diaframmi centrali.
Finalmente è possibile immergersi negli ambienti più bui e grigi, senza il velo tipico degli ultraluminosi. Immagini ariose, trasparenti, perfettamente scandite.
Davvero una nuova epoca. La sensazione di libertà dai limiti abituali galvanizza i fotografi, e porta al trionfo la fotografia in avalaible light. National Geographic e simili riempiono paginoni di crepuscoli di entusiasmante nitore.
Ma poi, lentamente, qualcosa si incrina nel rapporto tra alcuni fotografi Leica e questa nascente tipologia di vetri...
Qualcuno inizia un po' a stancarsi di tanta perfezione, e, sommessamente prima, alzando un po' di più la voce successivamente, inizia a rimpiangere pubblicamente qualche "bel difetto di una volta"; oggi non sono in pochi a dire che forse quel pizzico di aberrazione sferica scaldava l'immagine, e facilitava non poco il compito di quanti ritraggano la figura umana per lavoro (cerimonie e simili). Di lì a poco sorgeranno le perduranti opposte fazioni di ultras della nitidezza assoluta o della magica atmosfera del passato...
Che vogliamo farci, è la nostra natura: non siamo mai soddisfatti!

ELMAR 50/3,5
1954-1961
Resa impagabile, secca e grintosa, ma corposa e piacevole allo stesso tempo; in questa saporita ricetta, il segreto del successo di un obiettivo leggendario che ha fatto la storia della Casa. Pur superato, tutt'oggi i risultati di questo obiettivo non cessano di ammaliare generazioni di fotografi.

ELMAR 50/2,8
1957-1974
Nonostante le migliori intenzioni, come l'impiego dei nuovi vetri al lantanio, il più luminoso degli Elmar non raggiunge la stessa qualità del più vecchio f:3,5.
Piuttosto fiacco almeno fino a f:5,6, non disdegna tuttavia di fornire ottime soddisfazioni nel BN tradizionale, dove con un poco di chiusura sfodera immagini corpose e piacevoli.

ELMAR 50/2,8
1995-in produzione
L'ultimo capitolo della saga degli Elmar non è ancora concluso. Nato originariamente per equipaggiare la M6J, ricalcolato con nuovi vetri e trattamenti, il 50/2,8 oggi in produzione è un piccolo prodigio di brillantezza. Perfino esagerato nella verve, è l'ottica giusta per gli amanti della fotografia incisa e grintosa, con in più il grande vantaggio della compattezza estrema una volta rientrato nel corpo macchina.

SUMMICRON M 50/2
prima versione a 7 lenti.
Nato nel 1953 nel passo a vite, un anno più tardi questo rivoluzionario obiettivo accompagnerà la nascita della M3. Nelle varie declinazioni (montatura rientrante, rigido, brevi distanze), resterà in produzione fino al 1968, quando passerà il testimone al 6 lenti svitabile.
Dotato di elevata luminosità relativa perfettamente sfruttabile sin dalla massima apertura, il Summicron 50 stabilì nuovi standard qualitativi per la sua focale, mostrandosi ancora perfettamente attuale a distanza di mezzo secolo. Straordinaria la correzione ottica, e tuttora da rimpiangere la plasticità con cui restituiva i soggetti tridimensionali. Specialmente nella versione "brevi distanze" (o dual range), ancora un'ottica da tenere nella massima considerazione.

SUMMICRON 50/2 "Wetzlar"
versione a sei lenti svitabile.
Prodotto dal 1969 al 1979, il cosiddetto Wetzlar (per distinguerlo dal successivo canadese) va a collocare una solida pietra angolare nell'edificio del gusto del popolo Leica, specie quello più tradizionalista. Davvero arduo trovare un difetto a questo gioiello: bellissima resa cromatica, nitidezza perfetta a tutti i diaframmi e in tutte le zone del campo, trasparenza assoluta, grande capacità di compensare il divario luce/ombra; un capolavoro.

SUMMICRON 50/2
a sei lenti, non svitabile.
Prodotto dal 1979 al 1994 in versione con paraluce separato, e successivamente con paraluce incorporato, questo tuttora in catalogo.
Rispetto alla versione precedente aumentano un poco la brillantezza e il contrasto, e la resa cromatica vira leggermente verso i toni caldi; sempre un campione di categoria, con qualche lieve rimpianto per una peculiare trasparenza del predecessore, compensata dalla già citata brillantezza, gradita a molti.

SUMMARIT 50/1,5
1954-1960
Derivato dallo Schneider Xenon, si tratta di una delle ottiche M ereditate dal parco ottiche a vite. Di certo non si tratta di un modello di correzione ottica, ma come spesso accade in casa Leica, questo spesso lascia presagire vetri molto apprezzati sotto il lato più poetico ed interpretativo, e il Summarit non fa eccezione; difficile trovarne con lenti pulite e non graffiate, ma quando questo succede si può restare molto sorpresi e compiaciuti della pastosa resa di questo nonnetto.

SUMMILUX 50/1,4
prima versione, 1959-1961.
Sempre un sette lenti come il Summarit, da cui questo capolavoro deriva, il Summilux va a stabilire nuovi parametri per quello che riguarda la categoria degli standard ultraluminosi; straordinariamente trasparente e tridimensionale, limpido fin dalla massima apertura, il Summilux apre nuove frontiere espressive nell'ambito della fotografia a luce ambiente, mettendo a disposizione dei fotografi la possibilità di dominare, come mai prima, i contrasti luminosi, senza temere il flare, né l'appiattimento tipico delle ottiche similari.
Se, fino al Summarit, la Leica pativa giustificati complessi di inferiorità rispetto al Sonnar Zeiss e al Nokton Voigtlander, ora, finalmente per i suoi tifosi, la Casa di Wetzlar spicca definitivamente il volo.


SUMMILUX 50/1,4
seconda versione, 1962-1994
Dopo appena tre anni il Summilux 50 subisce una prima revisione, peraltro non trascendentale; dal lifting esce un obiettivo molto simile al precedente, senza stravolgimenti di filosofia. Risolta una certa difficoltà di centraggio (raro, se non impossibile, trovare un prima seriecon lenti, appunto, perfettamente centrate), il Summilux si prepara a oltre un trentennio di regno incontrastato, periodo durante il quale subirà soltanto ritocchi minori, poco storicizzati e di portata subliminale. In pratica, a differenza di altre focali, comprando un 50/1,4 M non bisogna prestare particolare attenzione all'anno, alla serie, alla matricola. Sempre e comunque la stessa resa inconfondibile, ariosa e corposa al tempo stesso, con scansione dei piani incisa e naturale, mai ridondante o opprimente (eccesso, questo, in cui spesso indulge il Summicron di pari focale, specie nelle ultime generazioni). Nitidezza sempre alta al centro, in crescita progressiva agli angoli dalla massima apertura, fino f:4/5,6, dove pareggiano con le aree centrali. Globalmente, un capolavoro, bandiera della resa Leica più tradizionale, proprio quella che molti, oggi, rimpiangono.

SUMMILUX 50/1,4
terza serie, 1995-2004
Ultimo giro di giostra per il vecchio e glorioso schema, alle prese con un ulteriore, lieve restyling. Intanto la montatura ora incorpora il paraluce telescopico, più pratico; le lenti poi vengono leggermente ridisegnate, e nuovi trattamenti antiriflesso spingono in alto la brillantezza generale, in un ambito tuttavia ancora molto equilibrato. La messa a fuoco minima passa a 70 cm, indice di un migliorato controllo dell'aberrazione sferica. Lamentata da più utilizzatori la difficoltà di trovare un esemplare dalla camma telemetrica perfettamente calibrata, con il risultato di lievi imprecisioni di focheggiatura, specie alle distanze minime.

SUMMILUX 50/1,4 asferico
2004-in produzione.
L'ultimo nato della stirpe raccoglie un'eredità molto pesante, esibendo tuttavia una disinvoltura e sicurezza rassicuranti. Atteso al varco, con sospetto, da molti tradizionalisti, l'ultimo nato sembra difendersi molto bene da ogni accusa di tradimento. Come lecito attendersi, la superlativa correzione genera immagini molto pulite e a rischio di freddezza, ma una certa impronta Leica nello sfocato salva quella tridimensionalità che molti, me compreso, non riescono a dissociare dal marchio. E' ancora presto per giudizi definitivi, ma certi errori di un recente passato sembrano scongiurati.

NOCTILUX 50/1,2 asferico
1966-1975
Ottica rivoluzionaria, il primo asferico con produzione di serie; lenti molate a mano, con conseguenti alti costi e scarti (costava come quattro Summicron); la resa è tuttora affascinante, anche se oramai tradisce l'anzianità del progetto. Molto interessante e istruttivo analizzare l'andamento sinusoidale della nitidezza: per cercare di portare il fuoco il più possibile sul piano focale (vero problema degli ultraluminosi), i progettisti hanno dovuto accettare centro e margini molto nitidi fin dalla massima apertura, con un consistente buco di limpidezza nella porzione intermedia.
Raro e costoso, per appassionati curiosi e ben messi nel portafoglio.

NOCTILUX 50/1
1976-in produzione
Via le lenti asferiche, maggior diametro e luminosità, resa peculiare, da sempre oggetto di amore e odio. Il gigante di luce della serie M continua a dividere gli appassionati: inviso ai cultori dell'immagine nitida e fedele, cavallo di battaglia dei poeti in 35mm. Affetto da vistosa curvatura di campo e vignettatura (fino a due stop alla massima apertura), il Nocti non può certo vantare una immagine perfetta secondo i canoni, almeno ai tre diaframmi maggiori (ovvero fino a f:2, che rappresenta, giusto per confronto, il primo diaframma del Summicron-!-). Tuttavia, la piacevolezza delle fotografie rubate al buio con questo vetro riesce spesso a stregare l'osservatore, immergendolo in una atmosfera liquida, vaporosa, intrisa di cromie sgargianti e trasparenti, dalle quali si stagliano i pochi millimetri di profondità di campo del soggetto a fuoco.
Costoso, pesante, ingombrante (copre quasi metà del mirino), e difficile da usare; ma non per questo di minor presa sull'immaginario del popolo Leica (e non solo).

SUMMILUX 75/1,4
1980-in produzione.
Seppure la montatura contempli due versioni, di cui la prima con paraluce separato, lo schema ottico rimane immutato nei 25 anni di vita, ad oggi, di questo vetro straordinario e controverso. Focale non convenzionale (ma in casa leica c'era il precedente del vecchio 73/1,9), scelta per entrare il meno possibile nel mirino della M (ma nonostante questo l'invadenza dell'ottica è pari al Noctilux), prevista purtroppo a partire solo dalla M4-P, cosa che rende l'obiettivo in oggetto non usabile con tutte le macchine precedenti, il Summilux 75 condivide molte delle scomodità operative del Noctilux, ma, come nel caso di quest'ultimo, sa ben ripagare con i propri risultati chi sia disposto a farsene carico.
Resa cromatica straordinariamente sapida e trasparente, andamento dei piani entusiasmante (una delle più belle rese di sfocato del panorama Leica), nitidezza sempre ottima, con appena un accenno di velo alla massima apertura e alle distanze brevi, e una grinta esuberante ai diaframmi medi. Un po' di vignettatura ai massimi diaframmi, non dovrebbe disturbare negli usi più consoni a questo genere di tool.
Unica vera nota dolente, la difficoltà di trovare un esemplare perfettamente tarato nella messa a fuoco, essendo molti gli esemplari più o meno imperfetti sotto questo aspetto.

SUMMILUX 75/2 Apocromatico
2005-in produzione
Benché accreditato di resa simile al 90/2 Apo Asph (annuncio interpretato da molti come una temibile minaccia), alla resa dei fatti questo ultimo nato sembra rifarsi di più nell'impronta al suo predecessore di pari focale. Benché presto anche in questo caso per trarre giudizi definitivi, nell'asse 50 asferico/75 apo sembra configurarsi una nuova filosofia, che recepisce certe critiche, e cerca una direzione intermedia tra l'antico e un inevitabile progresso.

ELMAR 90/4
varie versioni, 1954-1968
Ecco un nonnetto terribile, di quelli che ancora oggi hanno molto da insegnare ai saputi bis-nipoti. Progettato nel 1931 (!), nel classico schema a quattro lenti (ridotte quasi provocatoriamente a tre nell'ultimissima, rara, versione), desta ancora ammirazione la resa corposa e piacevole, e nitidissima al tempo stesso, di questo autentico, piccolo (oggi), capolavoro. A buon intenditor, poche parole.

ELMARIT 90/2,8
1959-1974
Obiettivo glorioso e amatissimo dagli intenditori, preferito a tutt'oggi da molti alle versioni successive per la sua magica plasticità, per un colore pieno, ma mai troppo squillante, una straordinaria compensazione tra luci e ombre, e una nitidezza finissima, mai strillata. Unica, piccola/grande pecca, la mediocre tenuta al controluce, ma questo purtroppo è un aspetto comune a diverse altre versioni di questa focale, per liberarsi del quale bisogna arrivare alle versioni correnti.

TELE ELMARIT 90/2,8
1964-1974 cinque lenti
Ribattezzato nano per le dimensioni ridotte rispetto al precedente, questo obiettivo, da non confondersi con il successivo modello a quattro lenti, eredita molte delle ottime qualità del modello "lungo", esaltandone ulteriormente, se possibile, la già altissima plasticità. Immagini davvero magiche e inconfondibili.

TELE ELMARIT 90/2,8
1973-1989 quattro lenti
Secondo molti, un passo indietro. Pratico per le ridotte dimensioni e il peso contenuto (anche questo obiettivo spesso viene definito, impropriamente, nano), nonché per il paraluce in gomma ripiegabile, sul piano delle pure prestazioni l'ottica in oggetto non fa innamorare. Massima apertura piuttosto fiacca, nitido da f:4 in poi, ma senza particolari picchi di personalità; ancora molto vulnerabile al flare.

ELMARIT 90/2,8
1989-in produzione
Sotto il profilo tecnico, un punto di arrivo. Nitidezza estrema a tutti i diaframmi e su tutto il campo; resistenza esemplare al controluce, colore saturo e squillante. Come avviene per molti obiettivi dell'ultima generazione, la grande esuberanza ne rende problematico l'impiego con pellicole parimenti vivaci, e soggetti... umani.

SUMMICRON 90/2
1959-1979 6 lenti, svitabile
Assolutamente rivoluzionario all'epoca, la qualità fotografica di questo obiettivo non smette di stupire e innamorare a quasi mezzo secolo dalla sua concezione. Ingombrante e pesante, esibisce una resa straordinariamente piacevole e lineare, senza talloni d'achille, che non siano la solita, non esemplare, tenuta al controluce. Cromie calde e avvolgenti, nitidezza finissima e ben controllata fin dalla massima apertura e su tutto il campo, sfocato tra i più belli della linea M. Un capolavoro assoluto, che non dovrebbe mancare nel corredo di ogni gourmet con Leica al collo.

SUMMICRON 90/2
1980-1998(?)
Altro giro, altra corsa.
Qualcosa migliora (dimensioni e peso), e qualcos'altro peggiora (resa alle massime aperture e alle distanza minori); molto brillante e contrastato da 4/5,6 in poi, non esalta ai due diaframmi maggiori, specie al di sotto dei tre metri. Questo non toglie che l'ottica in questione si profili come uno dei migliori compromessi possibili tra peso/ingombro/prezzo/resa. Più maneggevole del predecessore (e sotto alcuni aspetti più moderno nella resa), meno asettico del successore. Non sempre la moglie (o il marito) ideale è quella/o che appassiona di più...

SUMMICRON 90/2 Apo Asferico
1998-in produzione
Il trionfo degli ingegneri alla plancia di comando. Nitidezza, contrasto, MTF, flare, planeità, correzione cromatica, eccetera, tutto al massimo. 110 e lode. Chissà perché, però, mi viene da sbadigliare. Forse per quella assenza di tridimensionalità, quell'immagine ritagliata che a più d'uno ha fatto gridare: "al giapponese!"?
Non è una dichiarazione ufficiale, ma da tante mezze parole, non sembra azzardato dire che nel progettare i più recenti 50/1,4 e 75/2 in Leica siano stati attenti ad evitare proprio questa sensazione di asepsi, questa luce verde neon che sembra circondare le immagini del campioncino, e non mi riferisco certo all'intonazione cromatica...

HEKTOR 135/4,5
1954-1960
Quando si tratta di ottiche progettate da max Berek, attenti a storcere il naso solo perché parliamo di un obiettivo nato nel 1933! Se ci capita tra le mani un esemplare con lenti a posto, divertiamoci a scoprire le grandi qualità di piacevolezza delle immagini generate da questi vecchi vetri. Corposità, nitidezza mai invadente, meravigliosa scala dei grigi nel BN. Da provare, almeno una volta nella vita.

ELMAR 135/4
1960-1965
Mezzo diaframma in più, e resa ottica modernizzata e spinta in alto. Maggior contrsto,e immagine tuttora godibilissima, senza pecche di sorta. Poche parole per un grande performer.

TELE ELMAR 135/4
1965-1998
L'Elmar di massima focale viene accorciato grazie allo schema tele, e portato alla perfezione ottica. Immagini semplicemente magiche e impeccabili, di nitidezza straordinaria ma non aggressiva, cromie sapide ed appaganti. Altissima scuola di ottica fotografica. A dire di molti, insuperato.

APO TELYT 135/4
1998-in produzione
Secondo un copione ormai consolidato, la correzione apocromatica esalta parametri quali la nitidezza e il contrasto, a discapito, secondo alcuni, della piacevolezza dell'immagine, almeno secondo i parametri tradizionali dell'impronta leica. Ho visto, o avuto notizia, di esemplari non perfettamente tarati nella camme telemetrica.

ELMARIT 135/2,8
1963-1973 prima versione
L'obiettivo in questione condivide lo stesso schema del corrispettivo per Leica R, e ne eredita le ottime qualità di plasticità e nitidezza. Poco amato dai leichisti, forse anche per gli ingombranti occhialini, secondo lo scrivente si tratta di un vetro ingiustamente sottovalutato. Attenzione al corretto fuoco, in quanto gli occhiali aggiungono un ulteriore variabile, e devono essere perfettamente tarati.

ELMARIT 135/2,8
1973-1996
Evoluzione del precedente, non se ne discosta in modo sensibile; forse, lievemente più nitido, e altrettanto meno plastico, ma nell'ambito di sfumature piuttosto lievi.
Stesso ottimo giudizio personale.
CIAO - WETZLAR 2011 ... io c'ero.
http://emilio-vendramin-fotografie.weebly.com/

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